Virus e felicità

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Non smetterò mai di dirlo, la scrittura e le fiabe sono un rimedio naturale, potentissimo, per superare difficoltà, sciogliere nodi, vincere le emozioni che ci fanno stringere il cuore, come la paura.

In questi strani giorni, prendiamo carta e penna e scriviamo, lasciamo uscire le parole e le emozioni che non sappiamo esprimere, perché questo è il modo migliore per liberarle. 

Io organizzo corsi di scrittura di fiabe e ogni volta, vedo gli effetti meravigliosi delle parole scritte, sulla nostra anima.

Ho proposto ai miei corsisti un piccolo, potente esercizio, che oggi propongo anche a voi. 

Come insegna Rodari, cosa succede quando due parole, che non c’entrano nulla si incontrano? Si provocano, e più distanti sono e meglio è, perché solo così si può avere un binomio perfetto. E quali parole più distanti di VIRUS E FELICITA’? 

Prendete queste due parole e create una piccola storia che abbiano come protagonisti VIRUS E FELICITA’.

Sono nate piccole storie preziose, che hanno portato sulla carta, speranza e sorrisi; hanno raccontato paure e domande... Dopo averle lette, sono arrivate anche le risposte.

Oggi pubblico il primo di questi racconti speciali, e pubblicherò ogni giorno, ogni piccola storia nata dal binomio perfetto. Aspetto anche il vostro – potete inviarlo via mail fiabeincostruzione@gmail.com –  e lo pubblicherò come gli altri. Diamo voce alle emozioni, condividiamole, perché questo cammino diventa meno difficile, se lo facciamo insieme!

Ecco la bellissima  fiaba  di Rossana M.

C’era una volta un virus tanto triste perché nessuno lo voleva.
Tutti lo scandivano o lo mandavano via in malo modo.
Un giorno mentre si aggirava triste in un bosco, incontrò un bimbo che correva e saltellava qua e là nel prato, il bimbo vedendolo si bloccò gli occhi sgranati!
Il virus si avvicinò e gli disse:
“Perché hai paura di me?”
Il bimbo rispose:
“Tutti dicono che sei cattivo!”
“Ma io voglio solo far amicizia” Ribatté il virus.
“Dimostrami che è vero.”
Disse il bimbo.
Allora il virus cominciò a girare su se stesso fin quando si divise in tante bolle colorate.
Una di queste si posò sul bimbo e subito spuntò un sorriso, il cuore scoppiava di…
“Ma cos’è?” Chiese il bimbo.
Felicità!

 

Vi portiamo con noi…

Possiamo uscire a fare qualche passeggiata, è vero, ma come è giusto, solo lo stretto indispensabile;  stanno chiudendo i parchi, e non tutti hanno la fortuna di abitare vicino al bosco.

Così, io e la mia anima gemella a quattro zampe, vi portiamo con noi, nel bosco... qualche minuto in mezzo al suo colore, al suo calore di umido e verde, accompagnati dai suoi profumi e dai suoi rumori.

Basta lasciarsi andare, respirare, a lungo e concedersi pochi minuti di quiete… e lasciare che le immagini e i suoni parlino alla nostra anima.

Restiamo in ascolto…

Rosaspina

pexels-photo-271821Tanto tempo fa c’erano un re e una regina e ogni giorno dicevano: “Ah se avessimo un bimbo”, ma bambini non ne arrivavano.

Allora accadde che, mentre la regina faceva il bagno, dall’acqua saltò fuori un ranocchio, si avvicinò a riva e così parlò alla regina: “Il tuo desiderio sta per essere esaudito: in capo ad un anno partorirai una bambina”. Quello che il ranocchietto aveva detto si avverò e la regina partorì una bimba talmente bella che il re non sapeva più contenere la sua gioia e ordinò che venisse allestita una grandissima festa. E non invitò solo i parenti, gli amici e i conoscenti, ma anche le fate, perché fossero propizie e benevole con la piccola nata.

A quel tempo di fate nel regno del re ce n’erano tredici, ma poiché il re aveva solo dodici piatti d’oro per servir loro il pranzo, dovette rinunciare a invitarne una.

Durante le festa, piena di allegria e gioia, le fate donano alla piccola nata, virtù e ricchezze, ma prima che l’undicesima possa pronunciare il suo dono, arriva la tredicesima fata, che arrabbiata per non essere stata invitata, scaglia sulla piccola, un terribile incantesimo: al 15 anno di età si pungerà con un fuso e morirà.

Questa fiaba, bellissima e antica, dei fratelli Grimm, è anche una delle più conosciute: la piccola si punge con il fuso e cade addormentata.

 Come sentì la puntura cadde su un letto che si trovava in quella stanza e sprofondò in un sonno profondo. Quello stesso sonno si diffuse in tutto il castello, il re e la regina che erano appena rientrati quando raggiunsero la sala del trono caddero a terra addormentati, e con loro tutta la corte. E s’addormentarono i cavalli nella stalla, i cani nel cortile, le colombe sul tetto, le mosche sulle pareti, persino il fuoco che crepitava nel focolare si zittì e s’addormentò e l’arrosto smise di sfrigolare e il cuoco, che aveva afferrato lo sguattero e gli voleva dare una sberla perché ne aveva combinata una delle sue, lo lasciò andare e si addormentò. Il vento si addormentò e sugli alberi accanto al castello fu solo silenzio. 

Ho pensato a questa fiaba, in questi giorni, in cui il nostro tempo è rallentato, interrotto. In cui i nostri passi, sulla solita strada, sanno di silenzio e pacatezza, quasi non li riconosci…

Rosaspina si addormenta e con lei tutto il suo regno, persino il vento. Ho sempre amato l’immagine descritta, di ogni cosa, persona e animali che si addormentano nell’atto che stavano facendo. Restano lì, sospesi. In attesa.

Questa storia è la nostra storia, e parla del tempo. Del tempo di fermarsi, un tempo necessario per restare in ascolto; nelle fiabe il tema del sonno, della morte apparente è sempre molto presente: il simbolo del necessario periodo di raccoglimento, di riposo, per poi tornare alla vita, trasformati, con nuove risorse e nuove consapevolezza di sé.

Ogni cosa a suo tempo. Il principe non trova spine ma rose che si aprono al suo cammino,   perché era arrivato giusto il tempo del risveglio, non solo di Rosaspina, ma anche di tutto il suo Regno, di ogni parte del suo spirito e della sua anima.

Anche in natura, quando è inverno, ogni cosa sembra ferma, inerme, ma in realtà tutto si sta preparando alla nuova vita, al nuovo risveglio.

Non appena l’ebbe sfiorata col suo bacio, Rosaspina aprì gli occhi, si svegliò e gli sorrise. Allora entrambi scesero dalla torre e si svegliarono il re e la regina, e tutta la corte si svegliò e tutti si guardavano con sguardo pieno di stupore. E i cavalli nel cortile balzarono in piedi e si scrollarono, e i cani da caccia saltavano e scodinzolavano e le colombe sul tetto levarono la testina di sotto l’ala, si guardarono attorno e volarono via, e le mosche ripresero a muoversi sulla parete, e il fuoco in cucina si ravviò, si rimise ad ardere e ricominciò a cuocere il pranzo, l’arrosto riprese a sfrigolare, il cuoco diede allo sguattero quel famoso schiaffo e lo fece gridare e la serva finì di spennare il pollo. Poi furono celebrate le nozze con grande sfarzo tra il principe e Rosaspina e tutti vissero felici fino alla morte.

Questi sono  strani giorni, ma possono diventare giorni preziosi, se sappiamo ascoltare… Se sappiamo ascoltarci.

C’è  tempo per ogni cosa. Il nostro Regno si è addormentato e noi siamo in attesa… Ma l‘attesa può diventare tempo inestimabile per riscoprire parti di noi, della nostra vita, che abbiamo trascurato, che abbiamo dato per scontate o semplicemente dimenticato, e  che  potranno arricchire il nostro nuovo tempo.

 

 

La sana paura

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Aroon Blanco

Ci sono tante forme di paura.

C’è la paura per qualcosa di definito, che ha una forma e magari un nome.

C’è la paura per qualcosa che non si conosce. Che non ha nome. Che non puoi prendere in mano, se vuoi, per gettarlo lontano. Non puoi controllarlo. E questo fa ancora più paura. Una paura che schiaccia in un angolo e toglie il fiato.

Abbiamo paura di quello che conosciamo e che non possiamo controllare. Abbiamo paura del cambiamento, anche quando vuol dire cambiare alcune abitudini alle quali prima, magari non davamo troppa importanza, ma ora diventano vitali,

C’è la paura che ti fa perdere il controllo: è l’irresponsabilità del panico, quello che rende egoista e senza nessuna empatia per il  resto del mondo. E’ quella paura che ti fa correre quasi senza meta – o a prendere un treno al volo e se nella tua fuga verso il nulla, pesti anche qualcuno, che importa? Questa si chiama sopravvivenza.

C’è la paura che non vuoi sentire, perché è un’emozione che non vuoi provare, perché la tua paura più grande è proprio delle emozioni. Che non sai elaborare, non puoi gestire. Così meglio far finta di niente! Non sta succedendo nulla, e comunque non sta succedendo a me! Vuol dire rimuovere il problema e ogni cosa che lo riguarda. Bisogna stare a casa? Ma non riguarda me…  Non voglio cambiare nulla della mia vita, ed esco con gli amici anche se dicono che sarebbe meglio – responsabile – stare a casa o non creare assembramenti di persone; e si verifica poi il meccanismo tipico dei gruppi, la de-individuazione, cioè l’attenuazione della propria identità  personale, che è caratterizzata dalla sensazione di anonimato, dalla responsabilità diffusa,  e dalla sottovalutazione e la  trasgressione delle  norme istituzionali.

Come dice Baumann: “Per evitare una catastrofe bisogna prima convincersi che l’impossibile è possibile”

Bisogna accogliere la paura, come un sentimento che fa parte di noi, come ogni altra emozione. Aver paura, vuol dire esprimere una emozione che se repressa, causerebbe blocchi e si ripresenterebbe, prima o poi, in modo totalmente inadeguato.

Avere paura è sano,  paura è quella che ci dà dei limiti, che ci fa stare attenti, che ci impedisce di fare cose pericolose. Una sana paura, in questi strani giorni, è quella che ci fa diventare responsabili, attenti a noi, a chi amiamo, e agli altri.

Come non farla diventare angoscia, o totale disinteresse? Noi possiamo sempre fare la differenza anche quando una situazione non dipende da noi, come sta succedendo ora, con il nostro atteggiamento, il nostro modo di porci agli accadimenti.

E’ sicuramente un momento difficile, ma ognuno di noi può dare il proprio prezioso contributo: pensare e condividere positività: se pensiamo agli ospedali pieni, pensiamo alla eccellenza del nostro personale medico, siamo in ottime mani,  e al rispetto per il loro lavoro.

Diffondiamo senso di responsabilità e attenzione: il nostro comportamento, quello che facciamo, cambia davvero le cose,  e, oggi, mantenere un metro di distanza dall’altro, è più amorevole di un caldo abbraccio.

Fiducia di se’:  noi possiamo superare le difficoltà, abbiamo risorse e forza che nemmeno conosciamo; e e quando sentiamo che la preoccupazione sta oltrepassando il limite della sana paura, andiamo a fare una passeggiata nel verde, a contatto con gli alberi, e respiriamo. E scriviamo, disegniamo e coloriamo la paura.

E un piccolo ma potente esercizio: disegniamole un volto e diamole un nome. Umanizzare le emozioni vuol dire imparare a gestirle. La paura diventa così un’amica, che accogli e alla quale puoi chiedere di andare via.

Scegli un’ora dedicata solo a te…

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Quando il tuo Re interiore sente che qualcosa non va nel suo Regno, si rivolge all’Eroe, il tuo Eroe interiore, perché porti a compimento il suo compito e trovi il tesoro che può ristabilire l’ordine perduto.

Nel suo cammino, l’Eroe, incontra aiutanti magici e trova magici doni. E infine, incontra la Fata, che gli mostra il mondo del TUTTO POSSIBILE.

Cosa desideri cambiare, migliorare, o realizzare nel tuo Regno? Lavoro, tempo, emozioni, autostima, amore… o cosa altro?

Qual è il tuo intento?

Per celebrare al meglio questa giornata, ho deciso di fare ad ogni donna un dono speciale, perché si possa sentire una vera Regina, padrona di sé e del suo Regno: un piccolo tratto di cammino insieme, che ti aiuterà a vedere qual è la  tua strada: un’ora di consulenza gratuita, on line, di crescita ed evoluzione personale, insieme alle fiabe, la scrittura e il reiki, 

Da oggi e fino al 14 marzo. scegli un’ora dedicata solo a te:  ci connetteremo via Skype e  per fissare un appuntamento compila il modulo di seguito, scegli data e orario  e riceverai la conferma. 

Il tuo meraviglioso viaggio, inizia ora…

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La chiave d’oro

Un’antica e bellissima fiaba dei fratelli Grimm, La chiave d’oro, racconta di un ragazzo poverissimo che in mezzo alla neve sta cercando un po’ di legna per accendere il fuoco.

Con le mani gelate, cerca ovunque finchè trova un piccola chiave dorata. Sorpreso, pensa che se c’ è una chiave ci deve essere per forza anche una serratura.

Scava nella gelida neve e infine trova una piccola scatola di ferro, e pensa che se riesce ad aprirla con la piccola chiave d’oro, troverà sicuramente qualcosa di valore.

Cerca la serratura e poi la trova, piccola piccola

“Così si mise a cercare il buco della serratura, ma non riusciva a trovarlo. Alla fine lo vide, ma era così piccolo che lo si poteva appena vedere. Provò la chiave e questa entrò perfettamente. La girò una volta e… adesso dobbiamo aspettare che sollevi il coperchio per sapere quali grandi meraviglie la scatola contiene.”

La fiaba finisce così, e non possiamo sapere quali tesori contenga  la piccola scatola.

Ognuno di noi ha un tesoro che aspetta solo di essere portato alla luce; a volte è nascosto così profondamente che nemmeno sappiamo di averlo.  A volte siamo troppo pigri per guardare così a fondo, o per faticare nella ricerca.

A volte fa un pò paura perchè l’idea di cambiare qualcosa ci spaventa. A volte la scatola che lo contiene non ha nemmeno la serratura.

E allora, tanta fatica per cercare una scatola che non possiamo nemmeno aprire?

Intanto vi do un indizio: noi siamo la chiave!

Buona ricerca!

Leggere le fiabe…

 

Un giovane gambero pensò: “Perché nella mia famiglia tutti camminano all’indietro? Voglio imparare a camminare in avanti, come le rane, e mi caschi la coda se non ci riesco”.

Cominciò ad esercitarsi di nascosto, tra i sassi del ruscello natio, e i primi giorni l’impresa gli costava moltissima fatica. Urtava dappertutto, si ammaccava la corazza e si schiacciava una zampa con l’altra. Ma un po’ alla volta le cose andarono meglio, perché tutto si può imparare, se si vuole.

Quando fu ben sicuro di sé, si presentò alla sua famiglia e disse:
“State a vedere”.
E fece una magnifica corsetta in avanti.

“Figlio mio”, scoppiò a piangere la madre, “ti ha dato di volta il cervello? Torna in te, cammina come tuo padre e tua madre ti hanno insegnato, cammina come i tuoi fratelli che ti vogliono tanto bene”.

I suoi fratelli però non facevano che sghignazzare.
Il padre lo stette a guardare severamente per un pezzo, poi disse: “Basta così. Se vuoi restare con noi, cammina come gli altri gamberi. Se vuoi fare di testa tua, il ruscello è grande: vattene e non tornare più indietro”.

Il bravo gamberetto voleva bene ai suoi, ma era troppo sicuro di essere nel giusto per avere dei dubbi: abbracciò la madre, salutò il padre e i fratelli e si avviò per il mondo.

Il suo passaggio destò subito la sorpresa di un crocchio di rane che da brave comari si erano radunate a far quattro chiacchiere intorno a una foglia di ninfea.

“Il mondo va a rovescio”, disse una rana,, “guardate quel gambero e datemi torto, se potete”.
“Non c’è più rispetto”, disse un’altra rana.
“Ohibò, ohibò”, disse una terza.

Ma il gamberetto proseguì diritto, è proprio il caso di dirlo, per la sua strada. A un certo punto si sentì chiamare da un vecchio gamberone dall’espressione malinconica che se ne stava tutto solo accanto a un sasso.

“Buon giorno”, disse il giovane gambero.
Il vecchio lo osservò a lungo, poi disse: “Cosa credi di fare? Anch’io, quando ero giovane, pensavo di insegnare ai gamberi a camminare in avanti. Ed ecco che cosa ci ho guadagnato: vivo tutto solo, e la gente si mozzerebbe la lingua piuttosto che rivolgermi la parola. Fin che sei in tempo, dà retta a me: rassegnati a fare come gli altri e un giorno mi ringrazierai del consiglio”.

Il giovane gambero non sapeva cosa rispondere e stette zitto. Ma dentro di sé pensava: “Ho ragione io”.

E salutato gentilmente il vecchio riprese fieramente il suo cammino.
Andrà lontano? Farà fortuna? Raddrizzerà tutte le cose storte di questo mondo? Noi non lo sappiamo, perché egli sta ancora marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno.

Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: “Buon viaggio!”.

Il giovane gambero – Gianni Rodari

Perché è così importante leggere le fiabe ai bambini? E perché è così importante che anche i grandi leggano le fiabe?

Perché le fiabe ci accompagnano, grandi e piccoli, nel viaggio. E quando siamo sulla strada non possiamo sapere dove e quando arriveremo, non possiamo sapere chi incontreremo. Non possiamo sapere nemmeno cosa faremo.

Ma potremo sognarlo... e le fiabe saranno con noi , per indicarci la strada.

 

Il corso on line “Leggiamo una fiaba”, rilascia crediti ECP, e in questi strani giorni in cui tutto sembra sospeso, se decidi di continuare il tuo viaggio, è in offerta a 25,00 euro. Per acquistarlo compila il modulo o scrivi a fiabeincostruzione.com

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Ammalarsi d’amore

E vissero per sempre felice e contenti non è una semplice frase conclusiva delle fiabe, e non vuole far credere al bambino che ci sia una vita eterna, ma gli  fa capire  che vivere una sana relazione di coppia appagante ed equilibrata  lo aiuta nel distacco dalla famiglia e dalla figura materna – dal cordone ombelicale –   e lo accompagna verso una vita adulta, serena e autonoma.

Quando ci ammaliamo d’amore? Quando la relazione non funziona più,  o quando il nostro – o la nostra – partner non è quello che desideriamo, o ci rendiamo conto che gli atteggiamenti non mostrano amore, quando le azioni sono svalutative — con la mancanza di rispetto – o punitive, con il silenzio, o ingannano con comportamenti ambivalenti – una volta dolce, una volta assente – un gioco sottile e terribile che invece di mettere in allarme apre la strada alla dipendenza affettiva.

Così ci si ammala d’amore. Si scivola, una caduta lenta ma inesorabile che crea un legame indistruttible e consapevole fra aguzzino e vittima. Un equivoco emotivo immenso, che  trascina la vittima nell’inganno delle proprie  giustificazioni, nel proprio disperato bisogno di essere accettato, accolto,  amato da chi non è in grado di provare nessun sentimento.

La storia di Cappuccetto Rosso – abbiamo parlato spesso di questa bellissima fiaba, la nostra preferita, una delle più antiche e interpretate, per i suoi molteplici e profondi significati, nell’interpretazione di  Bruno Bettheleim racconta, nell’incontro tra la bambina e il lupo, un legame malato: il lupo, che non rappresenta solo il maschio seduttore, rappresenta  anche tutte le pulsioni  sessuali e asociali in noi, perchè diventa irresistible per la sua vittima. Bettheleim

Nella versione di PerraultCappuccetto Rosso non è una bambina capricciosa, ma è una giovane, che sta scoprendo i  propri, primi  istiniti sessuali, e, complice, si lascia sedurre dal lupo – in apparenza  gentile –  e si consegna a lui, non scappa. Ma anche  il lupo è sedotto dall’offerta di Cappuccetto Rosso e invece di attaccarla, come farebbe   qualsisi lupo, si intrattiene con lei, in un gioco mortale di attrazione e seduzione.

La fiaba sembra svelare  un aspetto inquietante della realtà: le vittime più appetitose sono quelle  accondiscedenti, quelle che apprezzano il loro cannibale. Enrico Maria Secci- I narcisisti perversi

Secondo Berne,  il padre dell’analisi transizionale, Cappuccetto rosso è complice di un gioco autodistruttivo; chi è sedotto e chi seduce? Chi è vittima e chi è carnefice?

Come uscirne?

come psicoterapeuta la dipendenza affettiva e la malattia d’amore  mi hanno raggiunto atraverso le storie dei pazienti, storie trasfigurate  nelle più varie richieste di aiuto: ansia, attacchi di panico, mal di testa, paranoie, disturbi gastointstinali, depessione, sono il grido acuto di un esercito di Cappuccetto Rosso in psicoterapia” Enrico Maria Secci

Bisogna imparare ad ascoltare i segnali del nostro inconscio, della nostra anima. E’ difficile riconoscere il proprio carnefice, quanto è difficile rendersi conto che si è vittime consenzienti.

Il primo passo? Impariamo a volerci bene!

Curarsi con le fiabe

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Verena Kast, psicoterapeuta; insegna all’università di Zurigo, e all’istituto C.G.Jung della stessa città. Nel 1985 presentò durante le Settimane di Psicoterapia di Lindau, le interpretazioni di alcune fiabe in una relazione dal titolo “Il significato delle fiabe nel processo terapeutico”.

Da questo relazione, e stimolata dal grande interesse suscitato da questo argomento, la Dott.ssa Kast scrisse poi un libro ” Le fiabe che curano”: il racconto di alcuni casi clinici e del loro trattamento con le fiabe.

Come abbiamo già detto e non ci stancheremo di ripetere mai, le fiabe parlano al profondo dell’essere umano, attraverso simboli e metafore.

Il semplice ascolto della fiaba, se lasciamo che le sue immagini agiscano su di noi, ha già un effetto terapeutico. Già durante a lettura, ci accorgeremo che alcuni motivi ci toccano e ci colpiscono più di altri. Questi motivi diventano indicatori di un nostro stato psicologico, che non siamo in grado di cogliere in un altro modo. I conflitti che non riusciamo a mettere in parole e che spesso si traducono in un ostato di disagio, possono trovare espressione simbolica nell’immagine di una fiaba.”Verena Kast.

Cappuccetto Rosso dei Grimm, la Regina delle Nevi di Andersen, e La principessa sfortunata, una fiaba italiana – la versione originale è trascritta in dialetto siciliano – e recuperata da Calvino, nella sua ricerca di Fiabe Italiane; queste sono solo alcune delle fiabe impiegate dalla Dott.ssa Kast per  accompagnare  i suoi pazienti verso il recupero da diverse situazione di sofferenza e  disagio.

Un racconto molto bello, umano e  a volte anche sofferto: le fiabe in terapia diventano l’oggetto transizionale, nel senso più conosciuto del termine, e continua la sua funzione di abbraccio e supporto anche dopo la seduta con il terapeuta.

Il contatto con le immagini della fiaba promuove l’esperienza di qualcosa di universale; la storia personale e la sofferenza individuale assumono nuovi significati, perchè visti da un punto di vista più ampio, del patrimonio di esperienze dell’intera umanità.”Kast

Inoltre il paziente che si identifica nell’eroe della fiaba, sente che l’aiuto arriva dal personaggio, piuttosto che dal terapeuta, e trova il coraggio per prendere decisioni importanti e sperimentare nuove soluzione creative.

Questi elementi erano presenti nella maggior parte degli esempi da me riportati.” Kast

Un altro elemento comune nei pazienti trattati con le fiabe e la volontà di plasmare con l’immaginazione i simboli incontrati con le fiabe, perché esse offrono una struttura libera,  uno spazio sicuro, su cui basare le proprie fantasie.

L’ elaborazione creativa dei processi simbolici rappresentati nella fiaba,  l’autonomia e l’energia emozionale che ne derivano sono elementi essenziali per la psicoterapia.

Verena Kast -Le fiabe che curano – edizioni Red

Il colore delle emozioni

Sofia è una bimba di sei anni che ha paura del buio. Sofia è una giovane donna che ancora non sa dare un nome alle ombre nere che, a volte, le afferrano l’anima. Sofia è una donna, una madre, una moglie, che combatte il proprio buio interiore. Sofia sa, ha imparato, che se prende un pastello giallo può disegnare il buio e regalarsi la luce di un bellissimo sole…

È ora di fare la nanna e Sofia deve andare a letto; ha paura del buio e il suo papà le ha detto che il nero e solo un colore… non può far paura!

Sofia ama i colori, e così decide di colorare il buio della sua cameretta, e inizia il magnifico viaggio della fantasia di Sofia, che nel suo cammino incontra la Tristezza, la Rabbia e la Solitudine, e riuscirà, a vincere la paura del buio, e riuscirà persino a far sorridere la tristezza, e incantare la rabbia.

Ogni bambino ed ogni adulto provano rabbia, si sentono tristi o soli. Emozioni “sgradevoli” che non bisogna evitare, perché fanno parte della nostra vita, ma bisogna saperli accettare.

I colori di Sofia, i colori delle emozioni è un percorso nelle emozioni e nei colori, rivolto a piccoli e ai grandi. Esprimere le proprie emozioni vuol dire accoglierle e gestirle, viverle al meglio, e ritrovare benessere ed equilibrio.

Leggi la fiaba, con la bella copertina di Elena Bertoloni,  e colora i mandala:un viaggio interiore e intenso che porterà nuovi magnifici doni.

Le fiabe parlano al nostro inconscio e  ci guidano nel cammino per trovare, o ritrovare il nostro sentiero nel bosco della vita; colorare un mandala è una forma di meditazione, un momento che dedichi solo a te stesso per entrare in connessione con la tua parte interiore, e liberare, attraverso i colori, le emozioni

Ho iniziato la fiaba e già al primo mandala ho scoperto che il nero è davvero un bellissimo colore… e che al contrario di quello che ho sempre pensato non spegne gli altri colori, ma li accende! Grazie…” C.S.

Un regalo unico e speciale per sé stessi e per chi si ama… che puoi avere nella versione cartacea, in una confezione personalizzata al costo di 20,00 euro, spedizione compresa,  o nella versione on line, al costo speciale di 5,00 euro.

Per acquistare I colori di Sofia – il colore delle emozioni, o avere ulteriori informazioni compila il seguente modulo

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