Non toccate le fiabe!

E’ ora di dire BASTA!

Cappuccetto Rosso è una fiabe sessista, Biancaneve non va bene perché non è politicamente corretta, Cenerentola è una fiaba che degrada il ruolo femminile. La lista è lunga ed è arrivato il momento di fare un pò di ordine e di ricordare che le fiabe antiche, quelle raccontate dai fratelli Grimm, per intenderci, sono archetipi , potenti strumenti di crescita e di evoluzione per l’individuo a qualsiasi età e livello di comprensione.

Le fiabe che tutti conosciamo e che molti amano, discendono dai miti, quando i popoli primitivi si radunavano attorno al fuoco, e gli anziani trasmettevano l’esperienza di vita ai più giovani.
Dai miti si è passati alle fiabe, ma queste storie antiche hanno continuato a raccontare la vita dell’uomo: storie che i fratelli Grimm hanno ascoltato dagli anziani dei paesi e hanno trascritto perché potessero essere raccontate ai popoli.

Purtroppo oggi si conoscono di più le versioni edulcorate della Disney, ma dovete sapere che le fiabe antiche sono nate per i grandi, e poi sono diventate racconti per bambini, ma se gli adulti leggessero più fiabe, nelle loro versioni originali, il nostro mondo sarebbe diverso.

Le parole sagge e potenti delle fiabe, attraverso la simbologia e la metafora insegnano all’individuo, nuove modalità di comportamento, e che è necessario affrontare i propri draghi e i propri mostri per trovare il tesoro che lo attende.

Sono insostituibili compagne di Viaggio nel cammino della Vita!

Leggete le fiabe, per voi, e ai vostri bambini. Non cambiate le loro parole e ascoltate invece il loro meraviglioso messaggio.

Le fiabe, le favole e i nuovi sguardi

Vi capita mai di pensare che non esiste un modo diverso e giusto di fare le cose rispetto a quello che conoscete?

Capita a tutti, giusto?

È perché il contesto in cui viviamo non ci ha abituato a ribaltare le cose, a osservarle da sopra, da sotto, da sinistra da destra, a credere che esiste sempre un’altra prospettiva.

Abbiamo bisogno di stabilità, ma se ogni tanto non modifichiamo gli schemi non ci prepariamo a creare il cambiamento che serve nei momenti di difficoltà, quelli in cui avremmo bisogno di “vedere” un nuovo panorama possibile, di individuare un’altra strada da percorrere per essere o tornare a essere carichi di gioia e di energia.

Per fortuna, esistono le fiabe: quelle da leggere e quelle da scrivere.

Abbiamo già detto e ripetuto che le fiabe sono un processo di cambiamento e continueremo a dirlo e ripeterlo.

Leggerle ci rende più leggeri, ci riempie di speranza, ci aiuta a credere in noi stessi mostrandoci che il nostro mondo interiore ha molteplici sfaccettature e che dentro di noi ci sono tutte le risorse necessarie per cambiare.

Se oltre a leggerle, impariamo a scriverle, magari a scrivere la nostra fiaba, la nostra metamoforsi sarà ancora più significativa.

A proposito di differenti punti di vista, la nostra libreria si è arricchita di due nuove favole che arrivano dall’altra parte del Mediterraneo. Grazie a Silvia che il mondo lo gira in lungo e in largo, per cambiarlo in meglio.

Quando abbiamo ricevuto il dono e abbiamo iniziato a sfogliare i due libri, la prima cosa che abbiamo pensato è che ci fosse un errore di stampa.

Già! Perché siamo talmente immerse nella nostra abitudine di sfogliare i libri e leggerli da sinistra verso destra che ci siamo dimenticate che questo non vale per tutto il mondo.

Questi due doni preziosi, che arricchiscono la nostra libreria, sono scritti in arabo, riportano anche la traduzione inglese, e quindi si sfogliano da destra a sinistra.

Trovarci davanti ai limiti che le nostre abitudini creano al nostro pensiero e alla nostra creatività ci ha riempite di gioia, perché anche oggi abbiamo ricevuto una bella lezione e abbiamo riattivato una parte della nostra mente che si era un po’ assopita.

E adesso parliamo un po’ di queste favole ricevute in dono.

Fanno parte della più famosa e probabilmente la più antica raccolta di favole indiane: Pañchatantra.

Le nostre versioni sono la traduzione di Ibn al-Muqaffa (Baghdād 757 circa) nella sua raccolta Kalila wa Dimna; considerato il primo capolavoro della letteratura araba in prosa.

La nostra colazione è pronta! Vi salutiamo e ci accomodiamo a leggere le favole!

Il mistero dei calzini smarriti è stato risolto!

Che bello quando qualcuno risponde al richiamo del lupo. Lo vedete? Si è nascosto fra gli alberi! Non molto lontano dalla casa nel bosco. Aveva tanta voglia di ascoltare le vostre brevi storie sul mistero dei calzini scomparsi. Eccolo accontentato! La prima storia è arrivata da Elena Rossi di Bimbi & Storie. Il lupo ringrazia e noi stiamo gustandoci la storia sulla terrazza della casa nel bosco. CHE BEL REGALO! CHE SPLENDIDA GIORNATA! GRAZIE! Mille volte grazie! Ed ecco a voi la storia.

IL MISTERO DEI CALZINI SMARRITI

Sinino, il calzino sinistro, si vantava sempre con Destrino, il calzino destro, che un giorno lui avrebbe scoperto il mistero dei calzini che sparivano.

Era una missione speciale che dovevano risolvere insieme, ma Sinino voleva essere il primo a sapere tutto.

Sinino si intrufolava in ogni cassetto e ogni armadio possibile per chiedere informazioni ai vestitini e alle mutandine. Non si fermava mai, neanche con il caldo dell’estate.

Un giorno, mentre Destrino riposava nel suo cassettino, vide arrivare di corsa Sinino.

“Ho capito! Ho capito!” urlò Sinino. Destrino scolorì per un attimo i suoi sgargianti colori. Chissà quale calzoneria si era inventato Sinino!

“I calzini non si perdono in lavatrice, ma cambiano colore e non si riconoscono più con i loro gemelli!”, spiegò Sinino.

Ma come era possibile?! Si chiese Destrino.

“Quando finiscono in lavatrice insieme a noi due, uno dei nostri colori sgargianti, quei furbetti, a scelta, si mescola e colora alcuni degli altri calzini per rendere i cassetti pieni di colori diversi e vivaci, come un grande arcobaleno.”

Pollicino, il distacco, la fiducia. Lasciar andare e crescere.

Illustrazioni di Gustave Doré

“Ma quanto mi piace la fiaba Pollicino!”

Io e Mariarosa le fiabe le amiamo tutte, ma abbiamo le nostre preferite.

La sua è Cappuccetto rosso, è quasi inutile sottolinearlo, mentre io ho un amore smisurato per Pollicino.

Charles Perrault, all’età di 55 anni, nel 1697 pubblicò il volume “Racconti e storie del passato con una morale”, col sottotitolo: I racconti di Mamma Oca, una raccolta di 11 fiabe.

Fra queste ci sono anche Cappuccetto Rosso e Pollicino.

Ma ve la ricordate la fiaba di Pollicino?

1 taglialegna e sua moglie, 7 figli, 1 foresta foltissima, 1 orco, 7 figlie dell’orco, 2 stivali delle 7 leghe?

E ancora…la carestia, la fame, briciole di pane, sassolini bianchi, l’ingegno?

Se non vi ricordate di Pollicino, perché alcune fiabe antiche vengono lasciate a prendere polvere, vi consigliamo di rispolverarla.

Questa fiaba racchiude più di un tema e noi vorremmo soffermarci soprattutto su uno dei suoi temi.

  • Il distacco, la separazione.

E, in una interpretazione attuale, noi aggiungiamo al distacco e alla separazione anche la fiducia e la capacità di lasciar andare e crescere.

Già! Per i genitori, i propri figli non sono mai abbastanza grandi, non hanno mai abbastanza risorse e competenze per affrontare il mondo. Bisogna proteggerli il più a lungo possibile.

Il distacco viene posticipato all’infinito perché i nostri timori ci portano a non avere fiducia nelle competenze e capacità dei nostri figli, a meno che non corrispondano in pieno alle nostre aspettative o credenze. Mascheriamo le nostre paure spostando la responsabilità su un mondo diventato più pericoloso. Ma Pollicino ci mostra un ambiente davvero crudele. Forse è nelle nostre competenze che non abbiamo fiducia?

Quando l’amore si trasforma in un eccesso di protezione e timori, non c’è crescita.

All’inizio della fiaba di Pollicino, Perrault racconta che la cosa che tormentava di più il taglialegna e sua moglie era “che il minore veniva su delicato e non parlava mai: e questo che era un segno manifesto di bontà del suo carattere, lo scambiavano per un segno di stupidaggine. Il ragazzo era minuto di persona, e quando venne al mondo, non era più grande di un dito pollice; per cui lo chiamarono Pollicino.”

Per i genitori è il più debole dei figli, quello che non sarà in grado di dare una mano alla famiglia una volta diventato grande e che forse non riuscirà a sopravvivere o che non riuscirà a trovare nessun posto nel mondo.

Pollicino non corrisponde alle aspettative o agli schemi mentali dei suoi genitori. In una famiglia di taglialegna servono figli forti, perché così è giusto, perché così è sempre stato.

Nonostante la fame sia il tema dominante nel racconto, Pollicino rinuncia anche a mangiare e impara a usare la sua intelligenza. Al contrario, gli altri personaggi della fiaba pensano soprattutto a mangiare e dormire. Questo punto è fondamentale nella storia per comprendere le grandi capacità di Pollicino.

Lui parla poco, non perché sia sciocco, ma perché non è avventato, è coraggioso ma riflette, pondera, previene, poi agisce e risolve quando si trova nelle condizioni di doverlo fare.

Tutto il percorso del nostro eroe e dei suoi sette fratelli si svolge in un ambiente ostile, crudele (ma se una fiaba non è un po’ crudele che fiaba è?) e molto diverso da quello delle fiabe moderne che seppur belle sono spesso eccessivamente edulcorate, frutto, forse e ancora, di un eccessivo bisogno di protezione.

Nonostante la paura, questa fiaba, come tutte quelle antiche, ci riempie di speranza e ci insegna che anche il più piccolo, anche nelle condizioni più difficili immaginabili, riesce a far emergere le sue competenze e ad affrontare le situazioni. Pollicino non solo riesce a tornare a casa, ma addirittura migliora la condizione iniziale sua e della sua famiglia. Trova la sua strada, diversa da quella dei suoi genitori.

Inoltre, Pollicino non lascia indietro nessuno dei suoi fratelli e non solo perché li ama. Sa che, anche se è lui l’attore principale dello sviluppo della storia, insieme si è più forti.

Questa fiaba, questo personaggio, sono un balsamo contro le nostre paure, ci riempiono di fiducia e di speranza, rafforzano la nostra autostima e quella dei bambini.  Aiutano a crescere noi e loro.

Per cui, se non l’avete ancora letta ai vostri figli, è giunto il momento di farlo.

Il mondo è un luogo che può essere pericoloso, certo, ma se non si impara ad affrontarlo lo diventerà sicuramente di più.

Nel 2001, di questa fiaba, è stato fatto anche un film, nonostante qualche libertà narrativa rispetto all’originale, la trama è abbastanza rispettosa e riesce anche a rendere bene le atmosfere.

Buona lettura! Buona paura! Buona crescita!

Simona Dei Colibrì

Un dono per la Piccola scuola di scrittura, fiabe e …

Dai corsi di scrittura di fiabe che ho proposto sono
sempre sbocciati dei fiori.

Hanno arricchito i prati che, un po’ qui e lì, si aprono
fra gli alberi del bosco.

Dalla Casa nel Bosco posso vederli e sentirmi grata del
loro sbocciare. Un dono, tanti doni.

In questi anni ho incontrato persone speciali, le ho
accompagnate nei loro percorsi e sono colma di gioia quando condividono con me
la meraviglia dei loro progetti realizzati.

Annalisa Zamagna è uno di questi fiori, ha partecipato
alla “Piccola scuola di scrittura, fiabe e…” e ha raggiunto
l’obiettivo che si era prefissata.

La ringrazio per aver condiviso con me il suo tempo. Già!
Perché il tempo è uno dei doni più grandi che possiamo fare agli altri e il
tempo di un feedback è un dono ancora più prezioso per una docente.

Annalisa ha stampato il suo libro “Billo e la scuola del
bosco regoloso”, lo ha creato per i suoi bambini, i piccoli della scuola
dell’infanzia in cui insegna, e lo utilizzerà con loro.

Sono lieta di aver fatto parte di questa storia umana e
lieta di condividere con voi il VIDEO di Annalisa https://youtu.be/EGNbkuvdmdA

E…Sì, certo che mi ricordo di te! Come potrei
dimenticarmi di te e di tutte le persone che ho incontrato nei miei corsi?

GRAZIE!

Mariarosa e il lupo

 

FIABE E TEAM BUILDING

La settimana appena passata ci ha regalato un altro lieto fine. Seguendo un gruppo di ASA (ausiliario socio assistenziale) nel loro percorso formativo e specificatamente per il Team Building, Simona ha riportato nella Casa nel bosco una valigia così colma di racconti da non riuscire a chiuderla.

Il gruppo è stato una fonte inesauribile di condivisione di scoperte, di emozioni, di esperienze, grazie alla qualità umana delle persone partecipanti che si sono messe profondamente in gioco e aperte al cambiamento. L’amore per Simona nei confronti delle partecipanti (tutte donne) è stato ricambiato dagli abbracci ricevuti, uno per ogni partecipante, al termine degli incontri. Perché fare il formatore significa mettersi in gioco in prima persona, trasmettere passione e umanità; in questo caso, a dire il vero e grazie alle ragazze del corso, tutto è avvenuto molto facilmente.

Quando si fanno formazioni sul Team Building non si può prescindere dalle attività del Team Building stesso, anche se molti, purtroppo, anche in questo caso tendono a fare lezioni frontali.

E noi? Cosa abbiamo proposto in questo percorso formativo?

Un’attività diversa per ogni giornata e, ovviamente, la creazione di una fiaba condivisa che è stata anche l’occasione, oltre a sperimentare un’attività di gruppo, di ripercorrere ricordi dell’infanzia e il proprio mondo fantastico passato e presente. Al termine, queste donne che vengono da molte parti del mondo e così ricche di storie speciali, hanno anche raccontato il loro viaggio dell’eroe.

Per la creazione delle fiabe abbiamo usato alcune carte di appoggio, in questo caso si tratta delle Carte del Te di Dario Moretti del Teatro all’improvviso, un mazzo di carte dai disegni molto evocativi, nato per scoprire e conoscere Palazzo Te di Mantova attraverso il gioco.

Sapete già che noi amiamo le fiabe e le utilizziamo in molti modi perché sappiamo che le fiabe sono sempre crescita personale e di gruppo, a questo proposito ri-condividiamo un articolo di Mariarosa del 2017 “La fiaba che insegna il team building

Le fiabe ci accompagnano e insegnano sempre!

E alla fine di ogni corso cosa si fa? Si festeggia!

Così, Simona e le ragazze del corso, hanno deciso di organizzare un “Pic nic” in aula.

Hanno ricordato i picnic dell’infanzia, condiviso cibi e storie dell’identità e della tradizione.

Questi momenti formativi scaldano il cuore e creano nuove storie!

La cucina delle fate

FRITTELLE DI MELE

La mela!

Oh! Tutti conoscono la mela avvelenata di Biancaneve. E come dimenticarla!

Nel suo caso, il detto “una mela al giorno toglie il medico di torno” non era certo azzeccato.

Povera Biancaneve!

Ma la sua fiaba non è l’unica che parla di mele.

La conoscete “La ragazza mela” di Italo Calvino?

O “L’albero di mele” un racconto illustrato di Catarina kruusval, Editrice il Castoro ?

E ancora, l’albero fatato dalle mele d’oro della fiaba “L’uccello d’oro” dei fratelli Grimm?

Oppure “La storia delle tre mele” all’interno della raccolta Le Mille e una notte?

L’albero di mele ha regalato all’umanità un ricco raccolto di fiabe, miti, leggende in tutte le parti del mondo.

E oggi onoriamo lui e i suoi frutti condividendo con voi la ricetta delle frittelle di mele.

INGREDIENTI:

4 mele

1 pizzico di sale

succo di 1 limone

120 ml di latte

cannella

120 grammi di farina

zucchero a velo da cospargere

2 uova

olio per friggere

PREPARAZIONE

Pelate le mele, togliete il torsolo, tagliatele a fettine alte come un dito. Spruzzate qualche goccia di limone sulle mele e coloratele con la cannella in polvere. Impastate la farina con i tuorli d’uovo, il sale, il latte e gli albumi montati a neve. Quando la pastella sarà morbida e senza grumi, immergete le fettine di mele nell’impasto.

Friggetele nell’olio ben caldo finché non diventeranno di un giallo dorato. Raccoglietele delicatamente dalla padella, eliminate un po’ d’olio con la carta assorbente e poi cospargerle di zucchero da velo.

…e l’ingrediente segreto delle fate?

Oh! Quello non potrete trovarlo al supermercato.

Si tratta di un petalo di un fiore che cresce solo nel loro mondo fatato…ma la cosa bella e che vi basterà immaginarlo, come piace a voi, e lo vedrete comparire magicamente sulle vostre frittelle!

Buon appetito o, come dicono le fate del nostro bosco…Che ogni boccone ti riempia di luce!

visita la nostra cucina delle fate

UNA CASA DI FIABE PROFUMA DI SOGNI

Cosa succede se riempi la tua casa di libri di fiabe: moderne, antiche, illustrate oppure no?

Succede che, inaspettatamente, ti ricordi, veramente, di quel bambino o di quella bambina che eri e che sognava in grande.

Succede che le fiabe si insinuano fra le pieghe della coperta, tra le fughe delle piastrelle, tra gli spiragli delle ante, persino nel contenitore degli indumenti da lavare.

Succede che lentamente, come l’acqua che disegna con il tempo nuovi paesaggi, ti cambiano e il tuo viso nello specchio appare diverso.

Diverso come quello di un personaggio di una fiaba che ha compiuto il viaggio dell’eroe.

Oh! Le fiabe hanno il sapore che preferisci e che unisce tutti in ogni angolo del mondo, perché le fiabe sono un patrimonio universale dell’umanità, un sogno condiviso.

E allora oggi parliamo di racconti che parlano di sogni e del loro potere magico.

Ecco tre consigli di lettura per voi, presi ad occhi chiusi dalla libreria della nostra Casa nel bosco.

Buona lettura!

Il sogno di un elefanteLavieri edizioni,  autrice e illustratrice Sarah Khoury Età consigliata dai 3 anni.

Una fiaba delicata che è un sogno in un sogno. 

Una bambina sogna un elefante grande.

Un elefante grande sogna di essere più piccolo di una bambina e così leggero da poter volare.

Ma se il sogno della bambina è possibile, quello dell’elefante sembra veramente irrealizzabile.

Eppure, nel regno dei sogni e delle fiabe la realtà è posizionata su un’altra dimensione dove ciò che è impossibile diventa più concreto di un biscotto a colazione.

Così si compie la magia.

La bambina crede in quel sogno nel sogno e prepara per l’elefante due piccole ali magiche che gli permettono di volare con il vento.

Ma a chi appartiene questo sogno nel sogno oltre alla bambina e all’elefante?

A tutti noi, ovviamente, che sfogliando le pagine del libro e le bellissime illustrazioni sentiamo quasi il profumo dei nostri sogni.

I cuscini magici Casa editrice Camelozampa, autore Evghenios Trivizàs, illustratrice Noemi Vola.

Quando il sogno si trasforma in un incubo?

Nel regno del malvagio Arraffone, la malefica invenzione dei cuscini incubo ha fatto perdere a tutti la capacità di sognare.

Non solo! Nel paese di Arraffone è tutto vietato soprattutto le cose più belle e divertenti.

Un vero incubo! Bisognerebbe trovare il modo di svegliarsi e ribellarsi a tutto questo.

Ma se gli abitanti di quel regno non sanno più sognare?

Come faranno a reagire senza il potere liberatorio dei sogni?

Per fortuna, nel regno vive il maestro Andonis che con la sua classe decide di provare a ribaltare la situazione con un piano molto astuto.

Ce la faranno?

La scarpetta dei sogni Edizioni il ciliegio. Autrice Giusy Acunzo. Età di lettura dai 3 anni.

Si tratta di un Silent book un libro da gustare attraverso i disegni e le emozioni che ci trasmettono.

Se sei una bambina, come quella del racconto, e se ti capita di perdere una scarpina non scoraggiarti.

Potrebbe accadere che un uccellino decida di fare il nido nella tua scarpina e che la giornata, iniziata con un imprevisto, si trasformi in un’occasione per fare nuove scoperte e per sognare più in grande.

SIETE PRONTI A CREDERE AI VOSTRI SOGNI?

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LE PAROLE DELLE FIABE E LA MORTE

Oggi, nella biblioteca della nostra Casa nel Bosco è arrivato un nuovo racconto.

Io e il mio amico vuoto”. Emme Edizioni.

La mamma della bambina protagonista non c’è più e il vuoto ha preso il suo posto. Il vuoto e la bambina passano le giornate insieme, uno vicino all’altra e imparano a conoscersi.

Una storia che, grazie alla dolcezza dell’autrice Azam Mahdavi e alle poetiche illustrazioni di Maryam Tahmasebi, affronta con profonda delicatezza il tema della sofferenza per la perdita e del percorso di accettazione del grande cambiamento che il lutto porta nelle nostre vite.

Le fiabe trovano sempre le parole giuste, quelle che spesso noi non riusciamo a esprimere, per parlare ai bambini e a tutti anche della morte.

I loro messaggi penetrano e si dirigono nel luogo giusto della nostra anima perché le loro parole sono più chiare e oneste, ma anche delicate e dosate, delle nostre.

Parlare di morte è complicato, specie di fronte ai bambini, anziché parlarne vorremmo soltanto proteggerli da ogni tipo di sofferenza.  I bambini non cercano verità assolute o risposte immediate, hanno solo bisogno di poter contare sulla nostra capacità di accogliere e ascoltare le loro curiosità e i loro dubbi è questo che li rassicura.

In altri tempi, la morte e il dolore erano considerati aspetti imprescindibili della vita e quindi accettati, non erano un tabù come sembra essere ai nostri giorni.

Tuttavia, anche se nel corso del tempo ci siamo allontanati da molti aspetti naturali della nostra vita, le fiabe continuano a parlare della morte con coraggio e onestà e il loro denominatore comune rimane lo stesso: il processo evolutivo in cui il protagonista/eroe affronta e supera difficoltà enormi; quindi, le fiabe, antiche o moderne che siano, ci accompagnano e ci supportano sempre.

Oggi, abbiamo selezionato per voi quattro racconti per bambini che affrontano proprio questo tema, oltre a “Io e il mio amico vuoto”.

“Gina e il pesce rosso”, di Judith Koppens e Eline Van Lindenhuizen, è una delle storie della Piazza degli Animali, dedicate alla solidarietà e all’aiuto reciproco. Età di lettura dai 2 anni. EDT-Giralangolo.

Gina è una gattina. In questa storia il suo pesciolino rosso non nuota più. Come mai?
Gina e il suo amico Ugo cercano di svegliarlo: gli solleticano la pancia, creano delle piccole onde scuotendo la boccia delicatamente. Carlo la giraffa li raggiunge e capisce cosa è successo: il pesciolino è morto.

Gli amici di Gina la accompagneranno nel processo di elaborazione del lutto, senza dimenticare il piccolo pesciolino.

Il racconto  è metafora del lutto e del processo del dolore in generale, ma che può essere specifico per aiutare un bambino ad affrontare la perdita di un animale domestico.

La nonna addormentata” di Roberto Parmeggiani  João Vaz de Carvalho edito da Kalandraka . Età di lettura dai 4 anni.

Il racconto è narrato dal bambino protagonista che inizia la storia e la prosegue con parole oneste, ingenue e sincere.

La mia nonna dorme.
La mia nonna dorme tutto il giorno.
La mia nonna dorme tutto il giorno, da un mese.

La nonna non è più quella di prima, è ferma in un letto e si prepara a volare via.

Una storia che sa parlare della malattia, della vecchiaia che cambia le cose e ci porta via una parte di chi amiamo, affronta il tema della sofferenza con dignità e rispetto e lo fa senza usare toni negativi, trasmettendo il profondo affetto che lega il bambino e la nonna e ci ricorda il grande valore dei ricordi.

In cielo, ma dove?” di Antonella Ossorio e Antonio Ferrara, editore Uovo Nero. Età di lettura dai 5 anni.

Due fratelli, uno più piccolo e uno più grande, una passeggiata spensierata, poi l’incontro con un passero morto.

Questa è la premessa per un dialogo fra fratelli, espressione della curiosità infantile del più piccolo che indaga e cerca risposte soddisfacenti, a ciò che è misterioso, e trova nuove domande.

Il fuoco di fila di domande del più piccolo mette in difficoltà il più grande e fa affiorare in lui il dolore per la morte dello zio. Anche in questo libro, il piacere di condividere i ricordi belli è strumento di elaborazione del lutto.

Bertolt” di Jacques Goldstyn, editore LupoGuido. Età di lettura dai 6 anni.

Un bambino solitario ha un grande amico, una quercia di cinquecento anni che ha deciso di chiamare Bertolt.

Grazie a questa amicizia, il bambino riflette sulla realtà che lo circonda, scopre i molteplici aspetti della natura e i giochi che Bertolt gli regala: diversi per ogni cambio di stagione.

A una nuova primavera, però, sui rami di Bertolt non cresce neanche una foglia. Il tronco è secco, la quercia è morta.

Il libro, trasmette molti messaggi, e il finale è un omaggio alla vita che è passata e parla della morte senza retorica.

L’albero dei ricordi” di Britta Techentrup, Gallucci editore. Età di lettura dai 3 anni.

Una volpe, una lunga vita vissuta e, ormai, molta stanchezza.

Anche in questo racconto, oltre al tema della morte, ritorna il tema dei ricordi, che restano con noi e ci danno forza quando il lutto di qualcuno che amiamo, entra nelle nostre vite e le stravolge.

Il racconto riporta la morte alla sua essenza naturale, evento che semplicemente accade. Ci racconta il momento del saluto come un tempo prezioso per risvegliare i ricordi. Un inno alla vita di straordinaria potenza.

I nostri consigli di oggi sono terminati, ma di fiabe e racconti che trattano questo tema ce ne sono molti. E voi? Quali avete letto e volete condividere con noi?

Una caccia al tesoro davvero speciale

Ho fatto una passeggiata nel bosco e ne sono uscito più alto degli alberi. Henry David Thoreau

C’è un gioco che si può fare nel bosco: la caccia al tesoro. Non una caccia al tesoro organizzata nel modo classico, con biglietti, tappe e soprattutto oggetti nascosti dall’uomo. No! Stiamo parlando di una caccia al tesoro molto speciale con poche regole.

  • Vince chi trova più tesori.
  • Viene considerato tesoro qualche cosa che almeno due persone del gruppo riconoscono come un oggetto particolare.
  • Non si possono strappare fiori o altri elementi della natura ancora in vita.
  • Non si possono utilizzare insetti viventi.

E allora? Che tesori posso trovare nel bosco? Un sasso, una foglia, una radice o un legnetto caduti da un albero che abbiamo una forma o un colore particolare, una manciata di terra di un colore o di un odore speciale e altro ancora.

Il gruppo della caccia al tesoro viaggia unito. Non appena qualcuno trova un tesoro deve fermare gli altri e mostrare il suo tesoro, raccontando perché lo ritiene particolarmente prezioso. Se due persone del gruppo riconoscono che l’oggetto trovato possa essere effettivamente considerato un tesoro, per la sua particolarità, allora il partecipante potrà tenere il suo oggetto insieme agli altri trovati. Altrimenti, lo restituirà alla natura.

Per trovare un tesoro nel bosco non ci vuole poi molto, basta solo aguzzare la vista, prestare attenzione e restare in ascolto. Sarà il bosco a portare alla luce i suoi tesori e a donarli al gruppo.

Per ammettere che un nostro amico ha effettivamente trovato un tesoro, e non pensare solo a vincere la gara, serve grande onestà e generosità. La bellezza del gioco non è vincere la caccia al tesoro, ma è lasciarsi andare al bosco e condividere gli elementi preziosi che sono stati trovati.

E alla fine, ci vuole comunque un premio, anzi due. Uno per chi ha collezionato più tesori e uno per il gruppo intero, se ha dimostrato attenzione e amore.

I premi divertitevi a sceglierli voi!

Anche noi andiamo a caccia di tesori nel bosco, nella foto un pezzettino di corteggia piccolissimo e davvero speciale.

Era un po’ nascosto sotto a un altro pezzo di corteccia e non avrebbe mai impressionato uno sguardo distratto.

Grazie alla nostra attenzione il bosco lo ha svelato e ce lo ha donato.

Adesso, questo piccolo pezzo di corteccia è uno dei protettori della nostra Casa nel Bosco e un elemento prezioso della nostra mostra di cortecce.