La verità sull’amore

Siamo molto contente di presentare la nuova versione della fiaba “Storia di un Porro e di una Farfalla” una fiaba contro la violenza alle donne, contro ogni forma di violenza.

Il Viaggio di questa piccola fiaba e del suo importante messaggio, cominciato qualche anno fa, non è ancora terminato, anzi, possiamo dire che ne ha appena iniziato uno nuovo.

Non solo è andata in tante case e in tante scuole per raccontare che l’amore è fatto di rispetto, e cura. Per insegnare ai grandi e ai piccoli che la rabbia, il possesso, e la violenza non c’entrano nulla con un sentimento di amore.

Non solo sarà raccontata in uno spettacolo teatrale organizzato da DONN-è che si è ispirata alla nostra fiaba, e che si terrà martedì 29 novembre a Francavilla al Mare

Ma oggi si è vestita a nuovo, oggi che è la giornata internazionale contro la violenza di genere; una nuova versione disegnata magistralmente da Rita Angelelli che ha curato anche la parte grafica.

Vi raccontiamo la verità sull’amore…

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Strana storia nell’orto

Un bellissimo progetto nato più di due anni fa, fermato poi dalla pandemia e da tutte le situazioni a essa collegata.

Ma le cose importanti non si fermano e i desideri preziosi si realizzano sempre.

Martedì 29 novembre avrà luogo il primo spettacolo teatrale “Strana storia nell’orto”, organizzato dall’associazione Donn.é di

Ortona – nell’ambito del progetto Fiabe al Tappeto – dedicato ai bambini e ai grandi, ispirato dalla nostra fiaba contro la violenza di

genere “Storia di un Porro e di una Farfalla”.

L’associazione Donn.é è un’associazione di promozione sociale al femminile, nata nell’agosto del 2012 dalla passione di 4 giovani

donne ortonesi. Un luogo per le donne, per creare uno spazio di ascolto, di dialogo per ogni donna, e di sensibilizzazione conto la

violenza di genere e contro ogni forma di violenza.

Come diciamo sempre, partiamo dai più piccoli per insegnare la verità sull’amore che è fatto di rispetto, di cura e attenzione per

l’altro.

Siamo molto onorate e felici che la nostra fiaba sia l’ispirazione per portare anche in teatro un messaggio così importante, e che il

viaggio di Storia di un Porro e una Farfalla continui, trovando strade sempre nuove e speciali.

Grazie a Marina di Virgilio, e all’associazione Donn.è per il loro importante lavoro.

Le forme della felicità

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Una nuova piccola fiaba  per affrontare la paura, la tristezza e la stanchezza di questi strani giorni. Il nostro esercizio di scrittura, creare piccole storie dal binomio perfetto – come insegna  Rodari – dalla coppia improbabile di VIRUS E FELICITA’, si sta rivelando sempre più produttivo e interessante, pieno di piccole meravigliose sorprese.

Ogni piccola fiaba, porta con sé messaggi di speranza e bellezza; la voglia di cambiamento e di guardare il mondo con occhi diversi.

Ecco la nuova, bella fiaba di Fiorella B.

C’era una volta una Terra senza confini, né muri e barriere, il cielo era il tetto che proteggeva ogni essere vivente e l’aria portava con sé la parola libertà. Col tempo però alcuni esseri umani che la abitavano, decisero di tracciare con pennarelli indelebili numerose frontiere, cominciarono a voler respirare l’odore del metallo, non si curarono più del verde che ricopriva la terra, delle zampe che da sempre lasciavano impronte, delle ali che accarezzavano il vento e delle pinne che disegnavano splendide scie nell’acqua. Alcuni fortunati viaggiavano in lungo e in largo per il pianeta, camminavano seguendo le indicazioni fornite dall’imperatore denaro, orientandosi grazie alla bussola dell’infelicità: Narcisismo, Sfruttamento, Egoismo e Oblio.

Una sera un piccolo pipistrello si posò, come al solito, tra i rami di un albero. Ma quella notte non era solo. Era accompagnato da un minuscolo essere, così piccolo da sembrare invisibile, ma così forte da volersi chiamare Corona Virus, il re di tutti i virus. Si era messo in testa di oltrepassare ogni confine, voleva entrare nelle vite di ogni essere umano, ricco, povero, buono, cattivo, alto, basso, triste o contento. Il suo era un compito difficile: da una parte voleva donare alla Natura, a Madre Terra e ad ogni essere animale e vegetale il Tempo e lo spazio per potersi mostrare nuovamente in tutto il loro splendore; dall’altra desiderava che gli uomini riscoprissero un tesoro ormai nascosto dentro i loro cuori: la felicità. E proprio questo era il segreto: qualora gli uomini l’avessero trovata, il virus sarebbe scomparso per sempre, non avrebbe più avuto il potere di far ammalare le persone, non avrebbe potuto togliere loro l’amico di una vita: il respiro. Fu così che il virus cominciò a viaggiare di paese in paese, di casa in casa trasportato dall’aria, dalle braccia, dai baci e dalle mani di donne, uomini, vecchi e bambini. Molti di questi purtroppo lasciarono il loro corpo e questa terra, gli altri decisero di rifugiarsi nelle loro case, nelle loro capanne, nelle loro tende o semplicemente sotto una coperta per cercare di sfuggire a questo virus tanto forte quanto pericoloso.

E fu così che ogni essere umano cominciò a riscoprire la Nobiltà d’animo, la Semplicità, le Emozioni, l’Oggi vero e prezioso. Questa bussola cominciò a mostrare la via verso il tesoro nascosto dentro i cuori di ciascuno. Ecco che gli occhi cominciarono a godere dell’assoluta bellezza del tramonto, dell’alba, della volta celeste, del chiarore della luna piena; le orecchie divennero incredibilmente sensibili al canto del vento, al fruscio delle foglie, ai concerti degli uccellini in amore, alle voci delle persone con cui vivevano e alla sacralità del silenzio; il naso riscoprì il profumo del pane fatto in casa appena sfornato, dei fiori sui davanzali con cui si iniziava anche a scambiare incredibili racconti, l’odore della pelle dei propri familiari, la freschezza dell’aria che entrava dalle narici, il profumo delle pagine di un libro mai letto, l’essenza delle fotografie ormai dimenticate in vecchi album impolverati; le mani ricominciarono a creare, a dare vita ad oggetti strabilianti, a far vibrare corde di strumenti musicali appesi alle pareti da troppo tempo, ad impugnare la penna e scrivere parole, emozioni e meravigliosi racconti, a riportarsi con delicatezza vicino al cuore. Durante questa caccia al tesoro, lungo questo cammino, al virus cominciò così a vacillare la corona….

La Felicità stava riprendendo forma, anzi, tante forme.

La sana paura

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Aroon Blanco

Ci sono tante forme di paura.

C’è la paura per qualcosa di definito, che ha una forma e magari un nome.

C’è la paura per qualcosa che non si conosce. Che non ha nome. Che non puoi prendere in mano, se vuoi, per gettarlo lontano. Non puoi controllarlo. E questo fa ancora più paura. Una paura che schiaccia in un angolo e toglie il fiato.

Abbiamo paura di quello che conosciamo e che non possiamo controllare. Abbiamo paura del cambiamento, anche quando vuol dire cambiare alcune abitudini alle quali prima, magari non davamo troppa importanza, ma ora diventano vitali,

C’è la paura che ti fa perdere il controllo: è l’irresponsabilità del panico, quello che rende egoista e senza nessuna empatia per il  resto del mondo. E’ quella paura che ti fa correre quasi senza meta – o a prendere un treno al volo e se nella tua fuga verso il nulla, pesti anche qualcuno, che importa? Questa si chiama sopravvivenza.

C’è la paura che non vuoi sentire, perché è un’emozione che non vuoi provare, perché la tua paura più grande è proprio delle emozioni. Che non sai elaborare, non puoi gestire. Così meglio far finta di niente! Non sta succedendo nulla, e comunque non sta succedendo a me! Vuol dire rimuovere il problema e ogni cosa che lo riguarda. Bisogna stare a casa? Ma non riguarda me…  Non voglio cambiare nulla della mia vita, ed esco con gli amici anche se dicono che sarebbe meglio – responsabile – stare a casa o non creare assembramenti di persone; e si verifica poi il meccanismo tipico dei gruppi, la de-individuazione, cioè l’attenuazione della propria identità  personale, che è caratterizzata dalla sensazione di anonimato, dalla responsabilità diffusa,  e dalla sottovalutazione e la  trasgressione delle  norme istituzionali.

Come dice Baumann: “Per evitare una catastrofe bisogna prima convincersi che l’impossibile è possibile”

Bisogna accogliere la paura, come un sentimento che fa parte di noi, come ogni altra emozione. Aver paura, vuol dire esprimere una emozione che se repressa, causerebbe blocchi e si ripresenterebbe, prima o poi, in modo totalmente inadeguato.

Avere paura è sano,  paura è quella che ci dà dei limiti, che ci fa stare attenti, che ci impedisce di fare cose pericolose. Una sana paura, in questi strani giorni, è quella che ci fa diventare responsabili, attenti a noi, a chi amiamo, e agli altri.

Come non farla diventare angoscia, o totale disinteresse? Noi possiamo sempre fare la differenza anche quando una situazione non dipende da noi, come sta succedendo ora, con il nostro atteggiamento, il nostro modo di porci agli accadimenti.

E’ sicuramente un momento difficile, ma ognuno di noi può dare il proprio prezioso contributo: pensare e condividere positività: se pensiamo agli ospedali pieni, pensiamo alla eccellenza del nostro personale medico, siamo in ottime mani,  e al rispetto per il loro lavoro.

Diffondiamo senso di responsabilità e attenzione: il nostro comportamento, quello che facciamo, cambia davvero le cose,  e, oggi, mantenere un metro di distanza dall’altro, è più amorevole di un caldo abbraccio.

Fiducia di se’:  noi possiamo superare le difficoltà, abbiamo risorse e forza che nemmeno conosciamo; e e quando sentiamo che la preoccupazione sta oltrepassando il limite della sana paura, andiamo a fare una passeggiata nel verde, a contatto con gli alberi, e respiriamo. E scriviamo, disegniamo e coloriamo la paura.

E un piccolo ma potente esercizio: disegniamole un volto e diamole un nome. Umanizzare le emozioni vuol dire imparare a gestirle. La paura diventa così un’amica, che accogli e alla quale puoi chiedere di andare via.

Il Regno addormentato

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Andalucia

C’era una volta, tanto tempo fa, una regione ridente e ricca di acque e verde. C’erano stato giorni, in cui tutti i suoi abitanti vivevano in pace e armonia, ma poi le cose erano cambiate e, gli uomini avevano cominciato a litigare per ogni cosa: per  i confini dei giardini, per la legna tagliata nel bosco, per l’erba mangiata dalle loro mucche. 

Le donne avevano cominciato a discutere nella bottega del pane, per chi era arrivata prima, e davanti alla fontana nel centro del villaggio, per chi usava troppa acqua. Alla  fine, anche i bambini, che imparavano ogni cosa dai loro genitori, avevano imparato a litigare per ogni sciocchezza, per il colore del maglione, per la forma dei capelli, o per un biscotto.

Davvero una triste situazione… e peggiorò ancora di più, quando una mattina, un contadino che stava pascolando le sue pecore, si addormentò, seduto, su un sasso. Arrivarono in molti a tentare di svegliarlo, ma appena si avvicinavano all’uomo, cadevano preda della stessa malia, e si addormentavano all’istante, chi appoggiato ad un tronco, chi addosso ad una pecora, chi mentre stava bevendo alla fontana.

Naturalmente tutti entrarono nel panico, molti si addormentarono scappando, mentre sbarravano una finestra o mentre facevano la fila per comprare, e litigare per le ultime  croste di formaggio. 

E dopo poco tempo, nel regno non si vide più nessuno… non si sapeva chi era addormentato o chi, chiuso in casa. Solo gli animali, giravano tranquilli, nelle strade deserte del  villaggio.

Ma un giorno…

Ricorderemo questi giorni. Ricorderemo le preoccupazioni, le tensioni, la paura, le mascherine e il prezzo alle stelle dell’Amuchina. Ricorderemo i post divertenti che sdrammatizzano e quelli pesanti che accusano. Ricorderemo il fermo forzato della vita di ogni giorno, le strade vuote e il tempo che improvvisamente si dilata e diventa a disposizione, quasi troppo, che non si sa come usarlo.

Forse ricorderemo che abbiamo respirato a lungo e ci siamo scrollati di dosso quella sensazione  pesante,  di essere sotto un incantesimo che non sapevamo sciogliere, e abbiamo cominciato a occupare quel tempo di attesa: leggendo quel libro che non apriamo mai, facendo quel corso on line che ci interessa, passeggiando in mezzo alla natura. O per scrivere e raccontare la storia di quando ci siamo sentiti come addormentati.

Non conosco un metodo migliore per vincere la paura e l’ansia, della scrittura. Scrivere è una catarsi, una pulizia interiore che ci mette in contatto con le nostre reali emozioni, con le nostre paure e  ci permette di farle uscire e così di esorcizzarle. 

Scrivete questi giorni,  raccontateli, soprattutto a voi stessi, e vi sorprenderete  di come vi farà stare meglio. Questa è una vera magia. Rileggervi poi, sarà una cura altrettanto magica.

E se non sapete da dove iniziare a  scrivere, vi propongo un piccolo, ma potente,  esercizio di scrittura: scegliete un finale per la fiaba del Regno addormentato: siate voi i creatori della loro storia. Cosa è successo? E poi cosa succede? Arriva qualcuno? O qualcosa? Chi può aiutare gli uomini?

Trovare un finale per questa storia, per la vostra storia, è l’opportunità di vedere nuove possibilità di soluzione, quando  sembra che non ve ne sia nessuna. Quando sembra che noi non possiamo fare nulla per cambiare le cose. Vuol dire riscrivere il copione di quello che stiamo vivendo e vedere che c’è dell’altro, oltre il muro delle nostre paure. 

Se poi ci mandate le storie con i vostri finali, saremo felici di condividerli…

 

 

Per non dimenticare

Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano”.
Italo Calvino, “Il sentiero dei nidi di ragno”

Bisogna raccontare, tante volte, per non dimenticare. Raccontarci e raccontare anche ai più piccoli, perché da grandi possano a loro volta non dimenticare. E a loro volta, raccontare. Solo così, la memoria dell’orrore resterà intatta.

La verità sull’amore

Il porro mutò la sua elegante corona in un bellissimo fiore colmo di steli e pistilli e la farfalla innamorata lodava la sua bellezza, ma il porro era sempre più indispettito dalla sua libertà, perché lui non poteva averla né condividerla con lei.
Sempre meno sopportava che lei se ne volasse via, quando voleva, e chissà dove!

Non basta un giorno per parlare della violenza contro le donne; non bastano articoli, indignazione, cortei, trasmissioni e tante parole, mentre le donne continuano a essere maltrattate o, a morire, per mano di chi diceva di amarle. 

Perché una fiaba che parla di violenza alle donne? Perché insegnare ai bambini, fin da piccoli, che l’amore non è paura, non è possesso, non è prevaricazione e  rabbia,  crescerà giovani, e poi uomini adulti, che sapranno amare con rispetto e cura; e  crescerà donne che impareranno a riconoscere l’amore vero da quello malato. Donne che non scambieranno  la debolezza della frustrazione, con delicatezza dell’amore. 

Storia di un Porro e di una Farfalla  con i disegni della giovane e bravissima artista Vittoria Grazi  nasce  proprio con questo importante compito, e siamo fiere e onorate perché la nostra piccola fiaba,  è sempre più utilizzata nelle scuole per  raccontare ai piccoli, futuri uomini e donne di domani, la verità sull’amore.

Abbiamo risposto all’invito dell’amministrazione comunale a partecipare ad una manifestazione per la giornata sulla violenza di genere. Ho cercato su Internet qualcosa che andasse bene per affrontare l’argomento con i miei alunni, qualcosa di molto delicato e ho trovato il suo racconto che mi è piaciuto tantissimo.  P.P insegnante scuola primaria in Abruzzo.

Piemonte, Veneto, Lombardia, Abruzzo; la nostra piccola fiaba gira l’Italia per portare il suo grande, importante messaggio.

Domani 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza alle donne. Non basta un giorno per parlarne, perché le donne continuano ad essere vessate, discriminante –  ci sono forme di violenza così terribili e sottili che non lasciano segni sul corpo ma lacerano l’anima – Le donne continuano a essere maltrattate e maltrattate e uccise. Ogni giorno, impariamo la verità sull’amore…

 

I diritti dei bambini

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Oggi ricorre la giornata internazionale sui diritti dell’infanzia, una ricorrenza importante che da 30 anni  sancisce i diritti dei bambini.

Riconosce il diritto di considerare il bambino e l’adolescente come persone, e riconosce e norma i loro diritti fondamentali perché siano sempre  protetti e tutelati.

La Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è un’occasione importante per parlare, per riflettere e per “fare” azioni  che  siano rivolte al benessere di tutti i bambini. Un’attenzione che non deve limitarsi ad un solo giorno ma che dovrebbe essere una riflessione sempre presente, nei governi, nelle istituzioni, nei governi, nelle scuole, e nelle teste di tutti gli uomini, di tutto il mondo.

Per questa giornata così importante condivido con con voi una bellissima  guida da scaricare  , creata dall’associazione Save the children che da sempre si occupa di proteggere i diritti dei bambini di tutto il mondo e di preservare il loro benessere e garantire un futuro migliore. Per spiegare ai bambini nel modo più semplici quali sono i loro diritti fondamentali di piccoli uomini.

Non ci può essere rivelazione più acuta dell’anima di una società che il modo in cui tratta i suoi bambini Nelson Mandela

 

Biscotti

Copia di Snookie's Cookies Gift Certificate Layout

Con un panno pulì la base di marmo del grande tavolaccio che stava al centro della calda cucina, poi con un gesto gentile e misurato della mano lasciò cadere la farina, come leggera neve. Unì lo zucchero e il lievito, qualche cubetto di burro, un po’ di scorza di limone e della vaniglia in polvere. Quella non mancava mai nei suoi biscotti.

Fece un buco nella montagnola farinosa che emanava già un profumo dolce e intenso e per finire, ruppe due uova e con grazia centrò il morbido foro. Questo era il momento più importante: con movimenti lenti e sapienti, Nina la pasticcera, cominciò a impastare la pasta e, a ogni movimento, i vari ingredienti si univano, si mischiavano, si legavano sempre più fra di loro.  Le dita grassocce e sapienti sembravano massaggiare il prezioso impasto e quando fu pronta, Nina prese alcuni vecchi stampi e cominciò a dare la forma ai suoi biscotti.

Una stella, un cuore, una casina, un cerchio, un fiore. Fece una pallina di impasto e lo mischiò con un po’ di farina integrale e poi lo tagliò con una grossa forma rettangolare.

I biscottoni di Nina erano sempre apprezzati e richiesti.

Nella stella unì un poco di panna, nel cerchio aggiunse piccoli bottoni di cioccolato, sparse granelli di zucchero che sembravano piccoli diamanti, sul cuore, aggiunse granella rossa sul fiore e, infine, li mise tutti in una leccarda foderata e aprì il forno.

Dopo mezz’ora erano pronti: Nina appoggiò la pentola bollente sul tavolo e li lasciò lì a riposare.

-Finalmente – disse il biscotto a forma di stella, stirando le sue cinque punte. -Sono molto soddisfatta della mia forma. Che ne dite amici? –  

Una nuova fiaba. 

Che parla di biscotti. Che parlano. Che discutono e si innamorano. 

Che hanno dei sogni. 

Anzi, un sogno: quello di essere mangiati. In fondo è il loro destino.La missione della loro anima..

Forse dopo averla letta, farai davvero fatica a buttare via del cibo…

Quello che per te è da buttare, per altri, è da mangiare…