Il segreto delle relazioni di cura

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Patrizia Kovacs illustrator

Il segreto delle relazioni di cura è il titolo della nuova recensione che la Dott.ssa Antonella Bastone, pedagogista ed esperta di formazione, ha scritto per la nostra favola metropolitana L’uomo e la Tartaruga, una favola, con i bellissimi disegni metropolitani di Patrizia Kovacs, a cui teniamo molto e che partecipa al concorso Il mio esordio  organizzato dal più importante sito di self publishing Il mio libro.

“Le relazioni di cura hanno caratteristiche ben precise: richiedono capacità di decentramento sull’altro, empatia, complicità. Richiedono di riuscire a fare uno spazio dentro sè per accogliere l’altro,  partecipare ai vissuti dell’altro e restituire infine benessere. A volte relazioni di questo tipo capitano in un momento particolare della vita, quando la vita stessa è messa alle strette e ha bisogno di rimettersi in moto. Allora si scopre che la relazione di cura dell’altro è una relazione che cura innanzitutto se stessi, come succede all’uomo della storia: il rapporto con la tartaruga, chiara proiezione della propria vita, è innanzitutto l’opportunità per rimettere in gioco la propria storia. Ecco che le più basilari operazioni di accudimento (cibo, igiene, ripristino dello spazio vitale) sono in realtà i passaggi simbolici di un rinnovamento esistenziale” –Antonella Bastone

Un’ accurata, e attenta lettura del messaggio più profondo che la nostra favola porta con sè e che ci fa onore, e del resto ogni contributo di Antonella Bastone, che ringraziamo, ci rivela i meravigliosi significati delle fiabe (Le fiaba raccontate agli adulti – Storie di ieri e di oggi per la formazione – A. Bastone.

L’uomo e la tartaruga, non a caso è ambientata in una metropoli; grandi città  dove spesso l’uomo  diventa troppo individualista per difesa, e non riesce a vedere  le piccole cose, preziose, che sono intorno a lui, e che invece potrebbero salvarlo.

Come farà la piccola tartaruga…

Puoi leggere le prime pagine della nostra  favola, lasciare un commento,   e se vuoi, puoi anche comprarla.

 

Fiabe per insegnare…

La Magia dell'Orto (3)

Vittoria Grazi Illustrator

 

Il linguaggio più antico del mondo (la fiaba) per affrontare un tema quanto mai attuale (la violenza di genere): ancora una volta le fiabe confermano la loro arcaica e più autentica funzione, ossia formare gli uomini, orientandoli verso i comportamenti adeguati, suggerendo risposte o semplicemente riflessioni. L’ambientazione – un giardino popolato da ortaggi antropomorfizzati – ci ricorda i quadri fiabeschi più delicati tratteggiati da un maestro come Andersen, capace di animare oggetti della vita quotidiana con pochi ma essenziali tratti caratteriali. E poche battute sono sufficienti per delineare l’aggancio relazionale patologico che si innesta sulla coppia violenta, proprio come accade nella realtà: l’intensità di un amore che si rivela soffocante, ma non nell’immediato, solo con una gradualità nebulosa che confonde la vittima, in un sistema di illusorie promesse che vengono gradualmente disattese. Per fortuna la fiaba ci promette un lieto fine e almeno noi non restiamo delusi. 

Una nuova e importante recensione per la nostra Fiaba “Storia di un Porro e di una Farfalla” della Dott.ssa Antonella Bastone pedagogista ed esperta in formazione e appassionata di fiabe – ha scritto un libro molto bello  Le fiabe raccontate agli adulti. Storie di ieri e di oggi per la formazione.

Per noi  – con la brava e giovane illustrator Vittoria Grazi, – questa piccola fiaba è molto importante – come il messaggio che porta – e il giudizio di una professionista, come la Dott.ssa Bastone, che stimiamo molto per la sua preparazione e serietà, ci fa onore. Grazie!

La nostra fiaba partecipa al Concorso Il mio esordio. Se vuoi leggere le prime pagine, e lasciare un commento, o comprare la nostra fiaba vai alla pagina dedicata. E non dimenticare di votarla cliccando il tasto supporta.

 

 

 

La verità sull’amore

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Fu così che capirono di amarsi, da quella danza leggera; l’orto restò sospeso per un attimo a guardare e ammirare la magia di un nuovo amore che nasceva: lo stelo di un porro e la farfalla, posata sul suo capo, che gli faceva da fiore”

Perché una fiaba per parlare di violenza alle donne? Perché i bambini di oggi saranno gli uomini di domani, e ai bambini è importante insegnare il rispetto; è importante insegnare che l’ amore non è possesso, egoismo, o rabbia. Attraverso il linguaggio semplice e saggio delle fiabe vogliamo raccontare la bellezza dell’amore non la sua meschinità. Vogliamo raccontare ai piccoli, ai giovani ma anche e soprattutto ai grandi la verità sull’amore.

E proprio a una giovane e bravissima artista  ho chiesto di partecipare con me a questa avventura, e di disegnare la fiaba: Vittoria Grazi  – iscritta all’ultimo anno del Liceo Artistico Canova di Vicenza – ha saputo interpretare con grande maestria e sensibilità il delicato tema di un amore malato.

La nostra fiaba Storia di un Porro e di una Farfalla partecipa al concorso Il mio Esordio indetto dal Sito Il mio libro.

Puoi leggere le prime pagine della fiaba, puoi commentarla e fare una recensione. Puoi comprarla se ti va.  E non dimenticare di supportarci

Conosci la tua ombra?

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“… Lo specchio rispose:-Il tuo aspetto qui di tutte è il più bello, ma Biancaneve dalla chioma corvina è molto più bella della Regina!-All’udire queste parole, la regina allibì e sbiancò per l’ira e l’invidia. Da quel momento in poi, la sola vista di Biancaneve la sconvolgeva, tanto la odiava. Invidia e superbia crebbero a tal punto in lei, da non lasciarle più pace né‚ giorno né‚ notte. Allora chiamò un cacciatore e disse: -Conduci la bambina nella foresta selvaggia, non voglio più vederla. Uccidila e portami i polmoni e il fegato come prova della sua morte-
Biancaneve –  F.lli Grimm
Dentro di noi abbiamo un’Ombra: un tipo molto cattivo, molto povero, che dobbiamo accettare.
Carl Gustav Jung

Ombra

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Baba Jaga  –  Illustrator  Cecilia Galli    –  Accademia di Belle Arti  Santa Giulia

Così passavano i giorni, i mesi, e Anja cresceva e diventava sempre più bella. Non rivelava a nessuno il suo segreto. Le sorellastre la osservavano invidiose e cercavano un modo per disfarsi di lei una volta per tutte.. 

La matrigna ebbe un’idea….Decise di mandare Anja a far visita alla Baba Jaga che abitava poco lontano, con la scusa di chiederle del fuoco per accendere la stufa spenta….Anja si spaventò. 

-Non dalla Baba Jaga! –  disse -lo sanno tutti che mangia chiunque si avvicini alla sua casa orribile!E che pesta le ossa dei poveri malcapitati dentro quel tremendo mortaio!E che la sua casa ha zampe di gallina che corrono veloci come il vento e rincorrono chi si avvicina …!Vi prego matrigna non mi mandate là, sarebbe la mia fine!

Ma la matrigna non volle sentire ragioni e costrinse Anja ad andare proprio là dove le faceva più paura .” Baba Jaga – fiaba russa
La Baba Jaga, la strega terribile – della cultura fiabesca russa –  che divora le ossa degli uomini,  ma può anche mettere alla prova e dare saggi consigli, o la strega mangiabambini delle fiabe europee –  ad esempio quella di  Hansel e Gretel –  o il drago da uccidere per avere la principessa in sposa, come nei Due fratelli dei Grimm;
e ancora il diavolo da ingannare, come ne I tre capelli del diavolo,   o il lupo cattivo che ingurgita   le bambine indifese come in Capuccetto Rosso.
Personaggi delle fiabe che fanno paura, ma che in qualche modo ci attirano: sono l‘espressione dell’archetipo Ombra – secondo Jung –   un archetipo potente che rappresenta la parte oscura che vive in ognuno di noi, la nostra parte cattiva, il nostro limite, le nostre frustrazioni;  tutti i sentimenti negativi che non riusciamo a sfogare, a far vivere perché li reprimiamo pericolosamente dentro di noi.
Una parte cattiva che esiste  grazie alla sua controparte buona;  la parte malevola che prende il sopravvento sui nostri pensieri, sulle nostre azione;  che vanifica le buone intenzioni dell’archetipo che agiamo, in un dato momento della nostra vita.
L’archetipo del Re è nella sua accezione positiva il Sovrano che si prende cura del suo popolo , che regola ogni cosa nel suo Regno, perché ognuno abbia il giusto;  ma quando il lato ombra lo avvolge,  il re diventa un tiranno, distruttivo,  persecutore e prevaricante, che può decidere di non prendersi più nessuna responsabilità e lascia andare il suo regno alla rovina.
Ombra è la madre amorevole che diventa carnefice, è l’eroe valoroso che diventa vigliacco.
Cappuccetto Rosso ci dice che la bimba disubbidiente  è attratta dagli inviti  del lupo – questa fiaba antica deve il suo grande successo a questo : chi non subisce il fascino del proprio lato nero, delle  cose proibite, delle cose che non si devono fare? – e per questo viene mangiata.
Ma la fiaba di Cappuccetto Rosso ci insegna che dalla pancia del lupo si può uscire integri e il lupo può essere sconfitto: nel nostro viaggio spesso incontriamo  l’ ombra che è dentro di noi, ma solo quando la conosciamo per davvero – ne siamo consapevoli –   e la affrontiamo, impariamo a conviverci. Vuol dire crescere…

Sognatori…

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Gli piaceva stare da solo, e pensare i suoi pensieri.
Il guaio è che i grandi si illudono di sapere che cosa succede dentro la testa di un bambino di dieci anni. Ed è impossibile sapere di una persona che cosa pensa, se quella persona non lo dice.

Peter si ritrovò da solo ai margini del cortile. Guardando, chiunque avrebbe visto un bambino vicino al muro che fissava lo  nel vuoto, senza fare niente. In realtà, Peter pensava molto intensamente.” L’inventore di sogni – Ian McEwan.

Piccoli momenti perfetti quando i sognatori si incontrano…

 

L’eroe

 

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Il viaggio dell’eroe inizia nel bosco incantato.  Non sceglie, quasi mai,  di iniziare questo viaggio ma viene scelto per farlo. Il Re interiore gli affida la sua impresa e lui sa che farà di tutto per portarla a termine.

Non sa ancora che il sentiero diventerà sempre più fitto e buio, intricato e misterioso; non  sa che avrà paura perché incontrerà gli orchi più terribili – le sue paure più profondee dovrà lottare con il drago – la sua parte più oscura –  e dovrà vincerlo per rubargli il segreto del fuoco.

Non sa ancora  che a volte sarà così spaventato che resterà seduto a  terra con le braccia strette  intorno alle proprie ginocchia per calmare il tremore del pianto.

Non sa ancora che a volte lotterà con forza e coraggio contro i rami intricati di spine che le streghe del bosco gli metteranno sul cammino,  e si sentirà invincibile.

Non sa che, infine, incontrerà il saggio che risponderà alle sue domande più difficili.

No sa sa che dopo tanto cammino,  il sole gli illuminerà, improvviso,  il sentiero indicandogli la nuova direzione, mostrandogli i doni magici che il buio gli nascondeva.

Non sa  che imparerà ad essere pietoso contro i suoi nemici più terribili, perché sarà il perdono che lo renderà davvero libero.

Quando sei chiamato a iniziare il tuo viaggio non sai cosa ti aspetta: per quanto sia difficile e tu sia spaventato, per quanto tu ti possa chiedere, infinite volte, “perché io?“, perché devi lasciare la tua comoda casa,  il posto che conosci in ogni sua piccola forma, anche quella più negativa, perché quello che conosci ti rassicura anche se fa male. Potresti decidere di non partire, di non combattere, di non sapere. Ma se farai  uscire il tuo Eroe interiore, sarà lui a portarti sulla strada.

Così  scoprirai che se il tuo Re di dirà di partire, per quanto tu ti senta disorientato e impreparato, vuol dire che sei pronto a farlo. Il tuo Re lo sa.

Scoprirai che il tuo viaggio ti metterà alla prova, che sarà terribile, che sarà meraviglioso.

Ti porterà a una nuova crescita, a una nuova consapevolezza; ti aiuterà a scoprire le tue risorse nascoste, ad accettare e comprendere i tuoi limiti;  ti darà nuovi aiuti magici e ti porterà al tesoro che stai cercando.

Ogni nuovo viaggio è un privilegio.

Le fiabe possono aiutarti ad ascoltare la voce del tuo Re interiore, a scoprire il tuo Eroe, a trovare la strada  e i magici doni che ti sono destinati.

Vuoi sapere come? Scrivici: fiabeincostruzione@gmail.com

E tu, quale strada stai percorrendo?

 

Biblio-

Vivere la meraviglia delle fiabe – E.Brassey J.P.Debailleul

Tarocchi fiabeschi e psicofiabe – Paola Biato

 

 

Fiabe, non favole…

Le fiabe non smettono mai di far parlare di sè… Un grande ringraziamento a Gianni Bonfadini, giornalista del Giornale di Brescia che ieri ci ha dedicato un  bellissimo articolo!

intervista

Risorse…

gatto

Ilustrator Adolf Born verlag cbj

Ai tre figli che aveva un mugnaio non lasciò altro che un mulino, un somaro e un gatto. La divisione fu presto fatta senza bisogno di notaio o procuratore, che s’avrebbero mangiato essi tutto il misero patrimonio. Il maggiore ebbe il mulino, il secondo l’asino, e l’ultimo il gatto. Non si consolava questi che gli fosse toccata una così magra porzione. “I miei fratelli, diceva, potranno, mettendosi insieme, guadagnarsi onestamente la vita; per me, mangiato che avrò il gatto e fattomi della sua pelle un manicotto, bisognerà che muoia di fame”

Il Gatto, che udì queste parole senza però farne le viste, gli disse in tono serio e posato: “Non vi affliggete, padroncino mio, datemi solo un sacco e fatemi far un par di stivali per andar nelle macchie, e vedrete che la vostra sorte non è poi tanto cattiva quanto credete.”  

Benché poco ci contasse, il padrone del Gatto non disperò di cavarne un certo aiuto, tante bravure gli avea visto fare per chiappar sorci e topi, ora sospendendosi per le zampe di dietro ora facendo il morto sulla farina.”

Il giovane non possiede nulla ed  è deluso per la propria  sorte perchè non crede davvero che il gatto possa fare qualcosa per cambiarla.  In realtà il gatto sarà la fortuna del suo padrone perchè grazie alla sua astuzia, tenacia e determinazione lo farà diventare ricco, e gli farà sposare la bella principessa. 

Il gatto con gli stivali dei fratelli Grimm è una fiaba antica e molto amata; il giovane, come molti giovani di oggi, deve partire da zero, non ha nulla e – cosa più grave – non crede di poter ottenere qualcosa dall’eredità  del padre che gli lascia solo un gatto; un gatto intelligente che, rischiando di essere fatto in padella, ricorre a tutte le sue risorse per avere salva la vita.

Il gatto, l’aiutante magico della storia,  rappresenta le risorse che ogni essere umano ha già dentro di sè, risorse fondamentali che possono far accadere grandi cambiamenti, ma che spesso non sappiamo di avere, non sappiamo osare per cambiare la nostra sorte. 

Il futuro marchese di Cambras decide di fidarsi del suo gatto – di avere fiducia in sè stesso – e così  raggiunge i propri obiettivi.

La fiaba ci insegna che spesso quello che cerchiamo, inutilmente, fuori – supporto, aiuto, forza, determinazione sono risorse che sono  già dentro di noi.

La Gatta Cenerentola

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illustrator   Adolf Born verlag CBJ

“Sappiate dunque che c’era una volta un principe vedovo, che aveva una figliola così cara che non ci vedeva per altri occhi; per lei teneva una maestra di prim’ordine, che le insegnava le catenelle, il punto Venezia, le frange e il punto a giorno, mostrandole tanto affetto che non bastano le parole a dirlo. Ma, essendosi sposato da poco il padre e pigliata una focosa malvagia e indiavolata, questa maledetta femmina cominciò ad avere in disgusto la figliastra, facendole cere brusche, facce storte, occhiate accigliate da spaventarla, tanto che la povera ragazza si lamentava sempre con la maestra dei maltrattamenti che le faceva la matrigna, dicendole: “O dio, e non potessi essere tu la mammarella mia, che mi fai tanti vezzi e carezze?” E tanto continuò a ripetere questa cantilena che, messole un vespone nell’orecchio, accecata dal diavolo, una volta la maestra le disse: “Se farai come ti dice questa testa pazza, io ti sarò mamma e tu mi sarai cara come le ciliegine di questi occhi”. Voleva continuare a parlare, quando Zezolla (che così si chiamava la ragazza) disse: “Perdonami, se ti spezzo la parola in bocca. Io so che mi vuoi bene, perciò zitto e sufficit: insegnami l’arte, perché io vengo dalla campagna, tu scrivi io firmo” “Orsù” replicò la maestra, “senti bene, apri le orecchie e il pane ti verrà bianco come i fiori. Appena tuo padre esce, dì alla tua matrigna che vuoi un vestito di quelli vecchi che stanno dentro la grande cassapanca nel ripostiglio, per risparmiare questo che porti addosso. Lei, che ti vuol vedere tutta pezze e stracci, aprirà il cassone e dirà: ‘Tieni il coperchio’ E tu, tenendolo, mentre andrà rovistando dentro, lascialo cadere di colpo, così si romperà l’osso del collo. Fatto ciò, tu sai che tuo padre farebbe monete false per accontentarti e tu, quando ti accarezza, pregalo di prendermi per moglie, perché (beata a te!) sarai la padrona della vita mia”

Gianbattista Basile, scrittore italiano di epoca barocca è stato uno dei primi a utilizzare la fiaba come forma di espressione popolare.

 Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille è una raccolta di 50 fiabe in lingua napoletana pubblicate nel 1634 ed è costituita da 50 fiabe, raccontate da 10 novellatrici in 5 giorni – infatti l’opera è conosciuta anche come Pentamerone –  e ha le caratteristiche della novella medievale  anche se  si avvicina però ai temi fiabeschi.

Il Pentamerone è però rivolto a un pubblico adulto, per i temi trattati: Basile descrive una Napoli plebea, miserabile, chiassosa, turpe: taverne, bordelli, bische, malefemmine. E i personaggi dei cinquanta racconti si raccolgono con lo scopo di far ridere il lettore; infatti Lo Cunto è un’opera preparata per il divertimento delle corti.

Dalla sua opera alcune fiabe ebbero poi una grandissima diffusione nella cultura europea – come ad esempio la Gatta Cenerentola, da cui Perrault trasse la sua Cenerentola, che affinò per adattarla alla corte francese del Re Sole: la pianella diventa una scarpetta di cristallo – sembra che la versione originale parlasse di una scarpetta di pelo e per un errore di traduzione diventò vetro –  e si perdono alcuni elementi forti della prima versione della fiaba, infatti  la cenerentola di Perrault è dolce e remissiva.

La gatta Cenerentola di Basile,  Zezzolla, non è una fanciulla dolce e indifesa;  uccide la prima matrigna, incitata dalla propria maestra sarta,  che le promette di trattarla con amore se le farà sposare il proprio padre, e  così accade. Ma anche la seconda matrigna non è da meno della prima e dopo pochi giorni comincia a maltrattarla  e a imporre al Re le sue sei figlie.

Esistono tantissime versioni di questa fiaba ma la Zezzolla di Basile è l’unica che è  è artefice del proprio destino, delle proprie trame e del proprio misfatto – (Bettelheim ) Tramite l’aiuto della fata della pianta di dattero che le dona un dattero magico, riesce ad andare al ballo per incontrare il Re e, alla fine, riesce a farsi sposare.  

La Cenerentola  di Basile è un caso molto raro nelle fiabe: lei non viene maltrattata dalle sorelle – la storia non ne parla –  e uccide la prima matrigna ma per questo non viene nemmeno punita, anzi alla fine, otterrà il suo premio, cioè diventare regina.

In questa fiaba non è presente il conflitto fraterno, presenta nelle altre versioni, quanto il superamento del conflitto edipico: l’uccisione della matrigna, prima  – probabilmente madre naturale e le due matrigne sono la stessa persona – e l’aiuto  ottenuto dalla fata della palma, dopo, suggeriscono che la fanciulla abbia superato positivamente il conflitto edipico con  la madre, e con esso le fantasie inconsce di reprimerla per mettersi al suo posto.

La bellissima e antica fiaba di Cenerentola si presta a tantissime interpretazioni e significati simbolici e non basta un post per raccontarli; possiamo dire che in alcune versioni, anche europee, Cenerentola fugge perchè il padre di lei vuole sposarla – ancora presenti le ripulse epidiche (Bettheleim- Il mondo incantato)

Il dattero magico rappresenta  la risorsa che la giovane, determinata e sicura di sè, utilizza per raggiungere il suo scopo. Le versioni più recenti della fiaba puntano al conflitto fraterno – ma il bambino percepisce  che Cenerentola dalla condizione di reietta – prima amata dalla madre che però muore, poi dalla matrigna che finge di esserle amica,  rifiutata anche dal padre con cui aveva un rapporto privilegiato, e infine  relegata a pulire il camino – una giusta punizione per il desiderio inconscio di prendere il posto della madre; sporca di fuliggine perché il suo desiderio è altrettanto sporco – può superare  e uscire vittoriosa dal sui pensieri negativi nei confronti del genitore. In questo modo acquisisce la fiducia e la consapevolezza  supera il senso di colpa inconscio per i suoi desideri cattivi.

Alle sorelle di Zezolla non è riservata la fine terribile capitata invece a quelle della versione dei Grimm: prima amputate rispettivamente del calcagno e delle dita del piede per cercare di infilare la scarpina di cristallo, e  poi essere accecate dalle colombe amiche di Cenerentola. 

“Così partirono, e il giorno dopo tornarono tutte, e, insieme con le figlie di Carmosina, Zezolla, la quale, come il re la vide, gli dié l’impressione di quella che desiderava; e nondimeno dissimulò. Ma, finito il desinare, si venne alla prova della pianella, che, non appena fu appressata al piede di Zezolla, si lanciò di per sé stessa, come il ferro corre alla calamita, a calzare quel cocco pinto d’Amore. Il re allora strinse Zezolla tra le sue braccia, e, condottala sotto il suo baldacchino, le mise la corona sul capo, ordinando a tutti di farle inchini e riverenze come a loro regina. Le sorelle, livide d’invidia, non potendo reggere allo schianto dei loro cuori, filarono moge moge verso la casa della madre, confessando a lor dispetto che pazzo è chi contrasta con le stelle.”

Per loro solo una comprensibile invidia e la consapevolezza che è inutile opporsi al destino segnato dalle stelle che spetta ai giusti e agli umili di cuore!