Il melograno

melerosse

Patrizia Kovacs

Il melograno era al limite del sentiero; i poveri rami secchi e senza vita.

Un tempo era stato ricco di linfa, e donava i suoi prelibati frutti rossi e dorati, generoso e senza riserve, e offriva protezione con i suoi folti rami.

Poi un fulmine l’aveva colpito,  spezzandolo con un terribile bagliore e da allora si innalzavava con i rami sterili, al cielo, in una muta preghiera.

Maria e Giuseppe arrivarono vicino all’albero e Giuseppe ebbe un moto di disappunto; quella pianta rinsecchita non avrebbe offerto nessun riparo, ma Maria gli rispose che andava bene e che si sarebbe potuta appoggiare  per riposare.  Mentre Giuseppe sistemava il terreno per renderlo più morbido, Maria appoggiò la mano sul  tronco rovinato, ringraziandolo.

Tale fu la gioia e la commozione del vecchio albero, che  la sua muta preghiera arrivò al cielo.

La mattina dopo, Giuseppe si svegliò e vide con stupore che la pianta aveva già alcune foglie verdi lucenti, e un unico grande frutto dorato che pendeva da un ramo vicino al suo viso. Lo colse con entrambe le mani e lo porse a Maria.

Il cardo argentato

cardo

Patrizia Kovacs

 

Quando Dio creò i fiori, domandò a ciascuno di loro come avrebbe preferito essere. Alcuni volevano essere grandi e robusti, altri desideravano esalare un buon profumo, uno desiderava portare i fiori rossi, un altro blu, un altro ancora bianchi. Dio esaudiva volentieri tutti i lori desideri.
Fu così che un giorno si rivolse a un fiorellino: “ Ora, mia cara creatura, dimmi il tuo desiderio più caro. Desideri crescere o restare piccolo? Vuoi portare fiori gialli, rossi o blu?” La pianta rispose: “Mi va bene tutto: strisciare al suolo come pure portare spine. Io non ho che un solo desiderio: amerei conservare i miei fiori fino alla nascita del Bambino Gesù”.
Il Signore sorrise amichevolmente e creò il cardo argentato. Cresce rasente al suolo, per nulla appariscente, le sue foglie sono piene di spine, ma i suoi fiori brillano come stelle d’argento. Si colgono in estate quando si schiudono. Poi, seccati, attendono il Natale per rallegrare il Bambino Gesù.

La luce nella lanterna – Georg Dreissig

Illustrator – Parizia Kovacs

 

Il piccolo suonatore

il suonatore

Patrizia Kovacs

Il piccolo suonatore di chitarra non aveva cibo da giorni. Spesso nel villaggio suonava nella piazza, o davanti alle porte chiuse delle case, e ogni tanto rimediava un pezzo di pane, e se andava bene, una zuppa calda.

Ma le sere erano sempre più fredde, e la generosità degli uomini era sempre meno.

Quella notte, infreddolito e affamato, guardò la sua compagna di sempre, la sua chitarra, e  pensò che era davvero inutile, che non serviva a sfamarlo. Con rabbia pensò che avrebbe potuto bruciarla, almeno l’avrebbe scaldato!

Con le lacrime agli occhi stava cominciando a romperla quando si sentì chiamare, e vide la coppia.

Sembravano più infreddoliti ed affamati di lui, ma la donna le chiese di suonare per loro, perche la sua musica avrebbe alleviato il loro cammino.

Il piccolo suonatore restò incantato dal suo dolce sorriso, e con un nuovo calore nel cuore, prese in mano la chitarra e suonò per loro, incurante del freddo e della fame.

Suonò tutta la notte, e la sua musica li accompagnò gioiosa, e da allora al piccolo suonatore non mancò mai un pasto caldo e un posto per dormire perchè portava in sè la Grazia di Dio.

Illustrator – Patrizia Kovacs

Gli abeti

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Patrizia Kovacs

Quando Dio creò gli alberi li fornì di radici, affinché si ancorassero saldamente alla terra, e di rami che potessero elevarsi verso il cielo. Perché è da lì che gli alberi erano venuti e non dovevano mai dimenticare mai la loro vera patria. Da allora, gli alberi protendono i loro rami verso il cielo a ricordo del loro Signore e Creatore, come in un’incessante preghiera. Così faceva pure l’abete, un tempo: ergendo i suoi lunghi e larghi rami, svettava sopra gli altri alberi. Oggi è completamente diverso e c’è un motivo.
Ancora una volta, di sera, Maria, la Dolce Madre di Dio, e Giuseppe suo marito, non avevano trovato alcun riparo per la notte ed erano lontani da qualsiasi abitazione umana. Così dovettero trovare un giaciglio in mezzo a un bosco di abeti alti e slanciati. Laggiù cercarono di riposare ma faceva molto freddo – il vento soffiava e si mise a nevicare, prima dolcemente, poi sempre più fitto. Anche stringendosi contro il tronco degli alberi slanciati, non si era affatto protetti. Allora Maria, nel suo sconforto, si mise ad accarezzare il tronco dell’albero che la riparava e disse: “ Perdonami di interrompere la preghiera che tu rivolgi a nostro padre. Ma guarda: Dio stesso si è chinato verso la terra. Io porto suo Figlio sotto il mio cuore. Ha bisogno del tuo aiuto”.
Alle parole di Maria, un brivido percorse l’albero. Lentamente, molto lentamente, l’abete rivolse i suoi rami verso terra, tanto bene da formare un ampio tetto. Come tutti gli altri alberi, l’abete aveva perso i suoi aghi in autunno. Ma in quel momento nuovamente germogliarono, e da allora non li avrebbe mai più persi! Così, sotto i rami dell’abete, Maria e Giuseppe trovarono un riparo sicuro per la notte.
Poiché, per venire in aiuto alla Santa Famiglia, l’abete aveva interrotto la sua silenziosa preghiera, a Natale viene onorato in modo speciale. I suoi rami compassionevoli vengono ornati con candele illuminate e, fra tutti gli alberi, è lui che viene scelto per irraggiare luce davanti agli uomini e davanti Dio.

Georg Dreissig – La luce nelle Lanterna –

Patrizia Kovacs Illustrator

Il cane

cane

Patrizia Kovacs

La notte scese quasi improvvisa, e con essa il freddo pungente. Avevano incontrato una sola locanda, e Giuseppe aveva chiesto se potevano riposarsi in un angolo per  la notte, ma l’oste li aveva respinti in malo modo, e aveva minacciato di slegare il suo grosso cane, un mastino rabbioso, che teneva alla catena.

Proseguirono il cammino in silenzio; Giuseppe con le spalle curve, e Maria gli prese la mano -Non importa, troveremo un posto per dormire –

Si fermarono nell’angolo di un muro diroccato che una volta era stata una casa e Giuseppe coprì Maria con il suo mantello, ma sapeva  che il freddo le avrebbe impedito di dormire.

L’oste, sbraitando, liberò il cane della catena per la notte, perchè facesse la guardia. L’aveva addestrato per questo, ed erano più i calci che le carezze, ma il cane gli ubbidiva sempre. Non lo amava, non poteva conoscere l’amore perchè non ne aveva mai ricevuto,  ma era il suo padrone.

Il cane, libero dalla catena cominciò ad annusare nervosamente  l’area attorno alla locanda, cercando il nuovo odore che aveva invaso la sua piccola anima.

E poì partì, correndo sul sentiero buio, incurante delle grida dell’uomo. Seguì l’odore senza problemi, era un perfetto segugio, e arrivò in breve alla casa diroccata, dove si erano fermati Maria e Giuseppe.

Si fermò ansante, e mentre Giuseppe, vedendolo, stava prendendo il suo bastone, si accucciò di fronte a Maria, la testa bassa, emettono piccoli guaiti in segno di resa e di rispetto.

Maria tese la mano, ed il cane si avvicinò, leccandola, e poi si accucciò vicino al suo ventre, coprendola e riparandola con il suo caldissimo e ispido pelo per tutta la notte.

– 14°giorno di Avvento-

Ilustrator Patrizia Kovacs

La ninna nanna del Re

coniglio

La lepre stava cercando cibo, in fretta perchè non era buona cosa stare fuori dalla propria tana a lungo.
Era una femmina, e aveva da poco avuto i cuccioli che la aspettavano

affamati. Temeva di incontrare altri animali, altrettanto affamati che avrebbero visto in lei un ottimo pranzo e temeva di incontrare l’uomo, il più pericoloso di tutti gli animali.

Prima di vederli annusò il loro odore, e l’istinto le disse di scappare.

Ma mentre si stava puntando con le lunghe zampe posteriori pronta al balzo verso la sua tana, pronta alla fuga, sentì il canto.

Una voce dolcissima, una ninna nanna cantata per far dormire tutti i bambini del mondo, tutti i cuccioli di ogni animale, senza nessuna distinzione di razza, genere o colore.

La lepre si voltò e con piccoli saltellì si avvicinò, senza paura, alla donna che avanzava cantando con le mani sul ventre; cantava per il suo piccolo Re.

I pastori

pastori

Nei campi, alle porte di Betlemme, s’intravvedeva un falò. Tutt’intorno sedevano i pastori per riscaldarsi perché era inverno e le notti erano fredde. Il gregge riposava tranquillo in cerchio intorno a loro. Soltanto i cani erano in movimento e si spostavano senza posa da una parte all’altra, come dei bravi cani da guardia. Samuele, il più giovane dei pastori, sospirò: “Come sarebbe bello se non ci fossero più lupi a minacciare il gregge” Giacobbe scosse la testa e replicò: “ A che serve sognare? Finché ci saranno pecore, ci saranno anche lupi che vogliono prenderle!” Allora il vecchio Elia sollevò la testa canuta, fissò i compagni con i suoi occhi chiari e disse con tono misterioso: “Chi lo sa, chi lo sa? E’ scritto che verrà un giorno in cui lupi e agnelli pascoleranno tranquillamente insieme” Samuele desiderò subito sapere: “Quando verrà questo giorno?” Il vecchio scosse la testa pensieroso:”La scrittura dice che un giorno verrà il figlio di Dio sulla terra come uomo fra gli uomini. Allora non ci sarà più odio sulla terra e la pace regnerà tra gli uomini e tra gli animali. Quando questo giorno verrà, nessuno lo può sapere”.
I pastori, pensierosi, fissavano il fuoco. Tutt’a un tratto udirono un meraviglioso canto, così dolce che commosse il loro cuore. Si voltarono in direzione del motivo: sulla strada che portava alla città scorsero un uomo anziano e una giovane donna. La donna era avvolta in un mantello blu col cappuccio. Li accompagnava un asinello. La donna cantava, cantava per il Bambino che portava in grembo e una pace serena conquistò l’anima di coloro che l’ascoltarono…

La luce nella lanterna- George Dressig

Patrizia Kovscs – Illustrator

Il canto dell’usignolo

Scendeva nuovamente la notte

Maria camminava di fianco all’asinello e Giuseppe scrutava l’orizzonte silenzioso. Maria  guardò la notte e pensò a quando, nel suo vecchio villaggio, nelle serate terse e stellate come quella, la musica accompagnava i balli fino all’alba.

Come le mancava la musica.

Fu così che un piccolo uccellino si posò sulla sua spalla e volendo accontentarla cercò di cantare.

Il suo canto fu così bello e melodioso  che Maria sentì il proprio cuore leggero. Il piccolo uccellino restò accanto  a lei per tutto il viaggio.

Da allora gli usignoli cantano quando cala la sera per allietare il cuore degli uomini

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Il canto del gallo

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Patrizia Kovacs

Il gallo si muoveva altezzoso in mezzo alle sue galline, che leste raccoglievano il poco becchime  sparso per terra.

Era vecchio, quasi sordo, e aveva perso la baldanza degli anni in cui era un giovane galletto sempre pronto alla rissa, ma sapeva tenere a bada le femmine del suo pollaio, e il suo canto all’alba non aveva perso il suo vigore, e la sua potenza.

Era pomeriggio inoltrato, e rimase sopreso quando vide arrivare la coppia che camminava accanto all’asino. L’essere umano in genere non lo interessava, lo riteneva stupido, sempre attaccato ai soldi o alla bottiglia. Ma loro erano diversi. Non vedeva bene da un occhio, perciò piegò la testa e li guardò con l’occhio buono mentre passavano vicino al suo pollaio.

Forse non vide con l’occhio da povero vecchio gallo, ma vide con il cuore di una piccola anima semplice.

E non ebbe dubbi. Quando Maria e Giuseppe gli passarono davanti  furono accompagnati dal suo canto, potente, indiscusso e  maestoso, che continuò fino a sera.

Un canto degno di un re.

La donna senza amore

 

Patrizia Kovacs

Patrizia Kovacs

Maria aveva sete; avevano camminato a lungo senza fermarsi e durante il cammino non avevano trovato un solo goccio d’acqua.

Arrivarono nel piccolo villaggio e finalmente videro un piccolo pozzo. Giuseppe andò lesto per prendere l’acqua,  e si accorse della donna seduta accanto al pozzo, appoggiata alla pietra, il viso pesantemente truccato e gli occhi accesi che mandavano false promesse.

Lei lo guardò, fermandolo, con il sorriso malizioso che riservava agli uomini da quando era diventata donna;  un sorriso che li attirava ma  nessuno di loro aveva mai visto l’infinita tristezza che vi si celava dietro.

Quella era la sua vita, figlia di mille padri, come lo era stata prima quella di sua madre.

Con una mano tirò il mantello di Giuseppe per chiamarlo, e vide il suo sguardo confuso. Poi vide Maria, minuta ed affaticata,  che si avvicinò a lei, con uno sguardo dolce;  Maria  le si inginocchiò davanti e presole il viso tra le mani le diede un bacio.

La donna non si accorse subito delle proprie  lacrime che le rigarono il viso, ma sentì il calore allo stomaco dell’Amore che non aveva mai provato in vita sua. E pianse, pianse a lungo, lavando via, per sempre, il trucco pesante dal viso.

Baciò le mani di Maria, e prese l’acqua dal pozzo per farla bere.