Il cuore

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Illustrator Patrizia Kovacs

Terza domenica di Avvento; il sole è calato e potrebbe arrivare un vento gelido.

Guardate con attenzione, potreste incontrare la Fata Bianca…

La giornata volgeva al tardo pomeriggio e il pallido sole aveva già lasciato il posto ad una nebbia leggera che aveva avvolto ogni cosa, e il paesaggio conosciuto era diventato un nuovo, magico mondo.

Il vento arrivò improvviso e gelido, sollevando le foglie secche e i rametti dei pini che l’uomo aveva tagliato per decorare le proprie case per il Natale e poi con forza scivolò nel grande prato vicino al villaggio, sollevando la nebbia che si sciolse in mille goccioline minuscole e, sempre più gelido, portò con sé i primi fiocchi di neve; era l’inverno più pazzo mai ricordato dall’uomo e strani presagi aleggiavano nell’aria.

Quella sera, molti raccontarono di averlo visto, una macchia rossa fra i fiocchi candidi e le foglie appassite, e molti ammisero di aver sentito un’improvvisa, inspiegabile tristezza. 

Tutti conoscevano l’antica storia della Fata Bianca, la Regina dei boschi, che si innamorò di un umano che non poteva amare: il destino delle Fate non è legato a quello degli uomini, e per la loro debolezza furono puniti. Lei fu trasformata in vento e a lui fu rubata la memoria e si dimenticò del suo amore.

Si racconta che, a volte, nel mese più freddo e magico dell’anno, il vento arriva improvviso, gelido e potente, e porta con sé qualunque cosa incontri sul suo cammino: si racconta che quel vento è la Fata Bianca che torna nel mondo degli uomini, per cercare il suo amore.

Se guardi bene, ancora oggi, nei mulinelli di vento colmi di neve, puoi vederla, camminare leggera sul prato, con le mani sul cuore.

La piccola Gemma corse alla finestra che dava sul prato davanti a casa. Mentre la nonna raccontava, il vento aveva cominciato a fischiare attraverso il camino e le fiamme di fuoco si erano ravvivate.

Mentre Keil faceva una smorfia – l’amore… roba da femmine – Gemma rimase a lungo, sospirando, a scrutare nel buio della sera.

Calendario dell’Avvento – Fiabe in costruzione

La bambina dei fiammiferi

la piccola fiammiferaia

Vittoria Grazi – illustrator

Il post di Vittoria Grazi – Illustrator

“La protagonista di questa storia vive tra persone che non si curano di lei, che non mostrano alcuna attenzione alle sue necessità, né alle sue potenzialità (rappresentate dai fiammiferi). Il calore dovrebbe essere l’obiettivo principale della piccola fiammiferaia, lei invece cerca di vendere i fiammiferi, la sua fonte di calore, e con il passare del tempo si congela.

Una donna che si circonda di persone che non sostengono la sua arte, la sua vita, è destinata a vivere un’esistenza parziale che raffredda pericolosamente la sua psiche, i suoi pensieri, la speranza.

Se una donna, come la piccola fiammiferaia, non ha amici, si congela per l’angoscia, e a volte anche per la collera.[…]Dunque, se vi rendete conto di trovarvi tra persone che non si curano di voi, che non vi sostengono davvero, che non vi fanno “fiorire”, allontanatevi, ribellatevi, non cedete alla rassegnazione. Non sprecate i vostri fiammiferi crogiolandovi nella fantasia che qualcosa di buono prima o poi accadrà, non vestite gli stracci della piccola fiammiferaia ma portate le vostre risorse là dove possono essere accolte e sostenute. Toglietevi dal gelo e muovetevi verso il sole, verso le persone calde che possono far fiorire la vostra vita creativa”

Fonte: Clarissa Pinkola Estés – Donne che corrono coi lupi – Milano, 2013 Frassinelli

Una favola metropolitana in concorso

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Illustrator Patrizia Kovacs

Come tutte le fiabe che si rispettino, anche questa è adatta sia agli adulti che ai bambini. Ma forse soprattutto agli adulti. Con la storia di questo uomo dall’aspetto rude e apparentemente insensibile che alla fine si fa toccare il cuore da un animaletto piccolo, proprio come una tartaruga. Molto più piccolo di lui, talmente piccolo da essere considerato fin dal primo incontro quasi un “oggetto” inutile. Mentre invece pagina dopo pagina, la simpatia e la dolcezza della tartaruga riesce a fare breccia nell’animo dell’uomo con una dose di umanità addirittura superiore a quella dell”umano”. E’ la vittoria del sentimento sulla razionalità. Una storia che sottolinea ancora una volta che il più debole (almeno apparentemente) in realtà non lo è affatto, e riesce a vincere anche chi pensa di essere al di sopra delle parti. Mette in evidenza il fatto che spesso, anche le persone apparentemente meno sensibili e più menefreghiste, sotto sotto e se prese nel modo giusto, hanno sentimenti profondi…”

Una nuova bellissima recensione  che puoi leggere integralmente sulla nostra pagina, per la nostra favola L’uomo e la tartaruga con le bellissime immagini metropolitane di Patrizia Kovacs , e che partecipa al concorso Il mio esordio promosso dal sito Il mio libro.

Puoi leggere le prime pagine, puoi cliccare sul tasto supporta, per votare la favola al concorso, e puoi anche comprarla!

Hai mai visto il sorriso di una tartaruga?

 

 

La verità sull’amore

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Fu così che capirono di amarsi, da quella danza leggera; l’orto restò sospeso per un attimo a guardare e ammirare la magia di un nuovo amore che nasceva: lo stelo di un porro e la farfalla, posata sul suo capo, che gli faceva da fiore”

Perché una fiaba per parlare di violenza alle donne? Perché i bambini di oggi saranno gli uomini di domani, e ai bambini è importante insegnare il rispetto; è importante insegnare che l’ amore non è possesso, egoismo, o rabbia. Attraverso il linguaggio semplice e saggio delle fiabe vogliamo raccontare la bellezza dell’amore non la sua meschinità. Vogliamo raccontare ai piccoli, ai giovani ma anche e soprattutto ai grandi la verità sull’amore.

E proprio a una giovane e bravissima artista  ho chiesto di partecipare con me a questa avventura, e di disegnare la fiaba: Vittoria Grazi  – iscritta all’ultimo anno del Liceo Artistico Canova di Vicenza – ha saputo interpretare con grande maestria e sensibilità il delicato tema di un amore malato.

La nostra fiaba Storia di un Porro e di una Farfalla partecipa al concorso Il mio Esordio indetto dal Sito Il mio libro.

Puoi leggere le prime pagine della fiaba, puoi commentarla e fare una recensione. Puoi comprarla se ti va.  E non dimenticare di supportarci

Le parole di Tobia in ebook

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Da oggi puoi acquistare la nostra fiaba che racconta la dislessia,  Le parole di Tobia, il coniglietto che colora il mondo –  Giovanelli editore – anche in  Ebook sul sito  Amazon , e in edizione cartacea e Ebook su IBS.

Siamo fiere di dirti che parte del ricavato dalla vendita di questa fiaba sarà devoluto alla Associazione Italiana Dislessia.

Guarda il mondo con gli occhi di Tobia!

 

 

Letture…

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«Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo.» Gianni Rodari

 

Il principe azzurro

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Il ranocchio rispose: “Le tue vesti, le perle e i gioielli e la tua corona d’oro io non li voglio: ma se mi vorrai bene, se potrò essere il tuo amico e compagno di giochi, seder con te alla tua tavolina, mangiare dal tuo piattino d’oro, bere dal tuo bicchierino, dormire nel tuo lettino: se mi prometti questo; mi tufferò e ti riporterò la palla d’oro.”

Il principe ranocchio – F.lli Grimm

Ma… esiste il principe azzurro?

 

Timo, il gatto

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Allora Emma ha disegnato un gattone rosso perché la aiutasse a prenderlo, ma quello era un gattone pigro e quando ha visto il divano si è addormentato e non voleva proprio saperne di svegliarsi.”

E’ così che Emma ha conosciuto Timo…

La principessa del bambù

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Kitawaga Utamaro

“Molto tempo fa viveva un vecchio tagliatore di bambù. Era poverissimo e anche triste, perché il Cielo non gli aveva mandato figli per allietare la sua vecchiaia e nel suo cuore non c’era speranza di riposarsi dal suo lavoro fino a quando non fosse morto e nella pace di una tomba. Ogni mattina si recava nei boschi e su per le colline dove il bambù alzava verso il cielo i suoi snelli pennacchi verdi. Quando aveva fatto la sua scelta, tagliava i pennacchi, fendeva il bambù nel senso della lunghezza o lo tagliava all’altezza dei nodi e se lo portava a casa per trasformarlo in utensili domestici, in modo che la moglie, rivendendoli, potesse guadagnare un po’ di mezzi di sostentamento.
Una mattina come sempre era uscito per recarsi al lavoro, e avendo trovato un bel gruppo di piante di bambù, si era messo all’opera per tagliarne alcune. All’improvviso il verde dei bambù fu immerso in una luce delicata e brillante, come se su quel luogo fosse sorta la luna piena. Guardandosi intorno stupito, vide che il bagliore stava uscendo da uno dei bambù. Pieno di meraviglia il vecchio lasciò cadere l’ascia e si avvicinò alla luce. Quando fu più vicino, vide che quel delicato splendore proveniva da un incavo nel gambo di un bambù e, ancor più incredibile da vedere, al centro del bagliore c’era una minuscola bimba, alta solo pochi centimetri e di aspetto deliziosamente bello.
«Tu devi essere stata mandata per essere mia figlia, perché ti trovo qui fra i bambù dove tutti i giorni vengo a lavorare», disse il vecchio, e presa tra le mani la creaturina, la portò a casa dalla moglie. La bimba era così straordinariamente bella e talmente piccola, che la vecchia la mise in un cestino per proteggerla dalla pur minima possibilità che qualcosa potesse farle del male.
I due vecchi sposi erano molto contenti, poiché per tutta la vita avevano rimpianto di non avere figli e adesso erano felici di elargire tutto l’amore della loro età avanzata a quella piccola bimba che era arrivata da loro in un modo così stupefacente.
A partire da quel giorno, il vecchio spesso trovava dell’oro nell’incavo dei bambù quando li abbatteva e li tagliava; e non solo oro, ma anche pietre preziose, tanto che un po’ alla volta diventò ricco. Si costruì una bella casa e non fu più considerato un povero tagliatore di bambù ma un uomo benestante.
Passarono in fretta tre mesi durante i quali, incredibile a dirsi, la figlia del bambù diventò una ragazza adulta, tanto che i suoi genitori adottivi le acconciarono i capelli e le fecero indossare un bel kimono. Era così bella che si teneva dietro i pannelli e non permetteva a nessuno di vederla mentre li aspettava. Sembrava che fosse fatta di luce, perché la casa era piena di un’aura luminosa, tanto che anche nell’oscurità della notte era come se fosse pieno giorno. La sua presenza sembrava esercitare un influsso benigno su tutti quelli che vi abitavano. In qualunque momento il vecchio si sentisse triste, gli bastava guardare la figlia adottiva perché le sue pene svanissero e tornasse felice come quando era giovane.
Alla fine venne il giorno in cui bisognava dare un nome a quella figlia, e quindi i genitori le fecero imporre il nome di Principessa Chiar-di-Luna, perché la sua persona emanava una luce così delicata che avrebbe potuto essere figlia della Dea della Luna.
Per tre giorni si fece festa con canti, danze e musica. Tutti gli amici e parenti dei due vecchi erano presenti, e grande fu la loro gioia nel celebrare l’imposizione del nome alla Principessa Chiar-di-Luna. Tutti quelli che la vedevano dichiaravano di non aver mai visto una persona così incantevole: ogni bellezza in qualsiasi angolo del paese sembrava impallidire accanto a lei, così dicevano. La fama della bellezza della principessa si sparse ovunque, e molti erano i pretendenti che desideravano conquistare la sua mano o almeno riuscire a vederla.
Da tutte le parti arrivavano e si fermavano fuori della casa facendo piccoli buchi nel recinto con la speranza di riuscire a intravedere la principessa quando andava da una stanza all’altra passando per la veranda. Se ne stavano lì giorno e notte, rinunciando anche al sonno pur di avere la fortuna di vederla, ma invano. Allora si avvicinavano alla casa e tentavano di parlare al vecchio e alla moglie o a uno dei servitori, ma neppure questo era loro concesso.
Eppure, nonostante tutte queste delusioni, si fermavano lì un giorno dopo l’altro e una notte dopo l’altra, e nulla contava se non il loro grande desiderio di vedere la principessa.
Ma alla fine la maggior parte di quegli uomini, visto che i loro tentativi erano senza speranza, si scoraggiarono e fecero ritorno alle loro case. Tutti, tranne cinque cavalieri il cui entusiasmo e determinazione, anziché diminuire, sembrava crescere quanto più aumentavano gli ostacoli. Questi cinque uomini erano rimasti senza provviste e mangiavano quel poco che riuscivano a trovare per poter rimanere sempre fuori della casa con qualunque tempo, con il sole e con la pioggia.
A volte scrivevano lettere alla principessa, ma non furono mai degnati di risposta. Allora, visto che non ricevevano risposta alle lettere, le scrissero poesie in cui le parlavano dell’amore disperato che non li faceva dormire, mangiare, riposare e neppure permetteva loro di tornare a casa. E di nuovo la Principessa Chiar-di-Luna non diede segno di aver ricevuto le loro poesie.”

La fama di questa fanciulla diventa così grande da arrivare anche all’Imperatore, che la corteggia ma viene rifutato; perchè la principessa viene dalla luna e lì, alla fine della storia, farà ritorno. Ai suoi genitori lascerà in ricordo la sua veste, mentre all’Imperatore donerà una lettera e l’elisir di immortalità, che il sovrano deciderà di bruciare sulla sommità del monte Fuji,  il punto più vicino del Giappone alla Luna.

Questa fiaba antica e molto bella – sembra che la prima versione risalga al X secolo – è una storia molto conosciuta che ha ispirato molti fumetti e manga, e che racconta, come molte fiabe giapponesi,  le tradizione e le leggende popolari: ancora oggi molti raccontano di vedere il fumo dal Monte Fuji.

Le fiabe giapponesi iniziano quasi sempre raccontando le vicende di un vecchio, o di una coppia di anziani e i luoghi descritti non sono mai poco definiti, come succede nelle fiabe occidentali – i nostri:  in un paese lontanoin un piccolo villaggio… danno un senso indispensabile di indefinitezza; i luoghi son ben definiti e fanno sempre riferimento a posti reali.

Anche l’avvicendarsi del racconto non segue un ritmo evolutivo che porta ad un conseguente concatenarsi di eventi, come accade nelle fiabe occidentali:

Da una parte infatti le fiabe giapponesi – e in particolare le cosiddette “fiabe di magia” – si configurano spesso come espressione di una condizione statica e immutabile piuttosto che di una situazione dinamica di progresso psicologico-esistenziale. Il racconto tende a seguire un andamento ciclico (e non lineare come avviene in Occidente), dove il motivo della “trasgressione di un divieto” non si traduce necessariamente in una concatenazione di avventure meravigliose e quello della ” separazione ” non si trova all’inizio della vicenda, ma spesso la conclude”Fiabe Giapponesi a cura di M.T. Orsi edizioni Fabbri.

Il finale positivo delle fiabe, necessario per assolvere al suo compito educativo, non è così scontato nelle fiabe giapponesi, e spesso, il viaggio, metafora del percorso di crescita interiore e di passaggio, accade alla fine della storia. Viene narrata la bellezza della natura, il rispetto per la famiglia e per gli anziani. Sono presenti, molto spesso,  gli animali, che rappresentano l’ elemento magico –  non esistono fate, elfi e gnomi  -e sanno parlare  e ricambiano il favore all’ uomo che li ha salvati:

Volpe è un animale furbo e scaltro di cui non fidarsi; può mutare la sua forma.

Tartaruga, saggezza e longevità;  Lupo,  a differenza del cattivo lupo occidentale rappresenta il protettore dei villaggi.  E non mancano i mostri con corna e artigli, come il nostro orco,  e una terribile vecchia, Yama – la strega occidentale o la Baba Yaga russa,  che vive in montagna e divora gli uomini con una grande bocca che sta sulla sua testa nascosta dai capelli ma che allo stesso tempo può elargire saggi consigli.

Il mondo di Beatrix

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Beatrix Potter

Beatrix Potter nacque il 28 luglio 1866 da una famiglia facoltosa; scrittrice e illustratrice creò Peter il coniglio, e le sue dolcissime fiabe che raccontano la vita famigliare dei piccoli animaletti della campagna, coniglietti, topolini, ricci; fiabe lette da milioni di bambini.

Tenace e decisa  Beatrix dovette lottare contro i pregiudizi della rigorosa epoca vittoriana, che volevano le donne relegate al centro del focolare domestico; era appassionata, intelligente e curiosa; amava la natura e la riprodusse nei suoi disegni famosi dai tenui  colori degli acquarelli; ostacolata dalla famiglia che non poteva accettare il suo essere così controcorrente, Beatrix scrisse i suoi racconti e abbozzò i suoi disegni nelle lettere inviate a una sua governante che le suggerì di pubblicarli.

Le sue storie furono scoperte da un editore Norman Warne che oltre a pubblicare le sue fiabe, si innamorò di lei e decisero di sposarsi. La loro storia fu osteggiata, ancora,  dalla famiglia di Beatrix – non poteva sposare un uomo che doveva lavorare per vivere –  ma lei si ribellò e restò con lui, che purtroppo morì poco tempo dopo di leucemia.

Le avventure di Peter il coniglio, e di tutti i suoi amici animaletti ci raccontano e ci riavvicinano alla natura  che ci circonda e che troppo spesso dimentichiamo di proteggere; insegnano ai nostri bambini che ogni animale ha una piccola anima da rispettare.

La salvaguardia e il rispetto per la terra, per la natura e per gli animali,   furono il tema portante della vita dell’autrice, che si oppose sempre ai rigidi preconcetti del suo tempo, sulle donne;  e si risposò all’età di 47 anni e con i guadagni delle sue fiabe comprò dei terreni che ancora oggi fanno parte di un’area naturale protetta.

Peter, il coniglietto, curioso e combina guai  rappresenta la natura curiosa, intraprendente e controcorrente della sua creatrice:

“Un bravo coniglio non si arrende mai!” lo diceva anche suo padre che fu catturato dal vecchio Mc Gregor, e fatto in padella, mentre girava nel suo orto.

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