
Ma voi conoscete Emma?
#magicaemma

Ma voi conoscete Emma?
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La tua migliore amica si sposa e non sai cosa regalarle, e non ti va l’idea della solita lista nozze; non sai come dirle quanto sei contenta ed emozionata per lei, e quanto lei sia speciale per te. Vorresti qualcosa di unico per lei. Qualcosa che sia il segno indelebile della vostra amicizia e del tuo affetto per lei…
Oppure stai facendo tutti i preparativi per il tuo matrimonio, hai pronta la lista degli invitati, hai già scelto il ristorante, il vestito, da sogno, è già pronto, e le bomboniere? Vuoi che il tuo matrimonio sia davvero perfetto e non vuoi le solite cose… e magari non sai ancora cosa regalare alle persone preziose a cui hai chiesto di farti da testimone…
E se il regalo perfetto fosse una fiaba?
Una fiaba che racconta la sua bellissima storia d’amore, per la tua amica che si sposa, la fiaba della vostra amicizia, così speciale, da regalare ai tuoi testimoni, o la fiaba che racconta come sia nato il vostro amore e di quanto siate contenti di avere tutti i vostri amici accanto, in un giorno così importante.
Creiamo fiabe su misura anche per i grandi che stanno coronando un sogno, e che vogliono sia un momento indimenticabile, da ricordare e da far ricordare.
E non solo per il tuo matrimonio, ma anche per il battesimo del tuo bimbo: una bomboniera che racconta la fiaba del tuo piccolo principe…
Regalare una fiaba dedicata è come far parlare il tuo cuore, perchè le fiabe possono dire cose che le normali parole non sanno…
Puoi contattarci via mail a fiabeincostruzione@gmail.com,
oppure chiamarci il 0039 3496501558
o compilare il seguente modulo di contatto:

“La distesero allora in una bara, vi si sedettero accanto tutti e sette e la piansero per tre giorni interi. Poi volevano sotterrarla, ma ella era ancora così fresca, le sue guance erano così belle rosse da farla sembrare ancora in vita. Allora dissero -Non possiamo seppellirla nella terra nera- e fecero fare una bara di cristallo, perché‚ la si potesse vedere da ogni lato, ve la deposero, vi misero sopra il suo nome, a caratteri d’oro, e scrissero che era figlia di re.”
Biancaneve – F.lli Grimm
La nostra fiaba “Le parole di Tobia,il coniglietto che colora il mondo” scritta in occasione della settimana della dislessia, per l’AID – associazione italiana dislessia, ha partecipato alla 1° edizione del concorso letterario, “Floc, l’ amico dei bambini e dei ragazzi” , organizzato dalla Giovanelli Editore – e si è classificata al primo posto per la sezione “fiabe e racconti per bambini”.
Siamo orgogliose e molto contente che il piccolo mondo di Tobia, la sua dolcezza, le sue lettere confuse che volano vie leggere come farfalline e la bellezza dei suoi disegni, siano stata scelti. Tobia, il coniglietto, che colora il mondo e colora persino la dislessia; ci piace pensare che il suo primo posto, sia un primo posto per tutte le persone piccole e grandi che pensano di essere sbagliate e non sanno di avere dentro di sè un mondo pieno di mervigliose parole.

Illustrator Irina Dobrescu verlag NordSud
“C’era una volta un Principe, che voleva vedere il mondo e, così, un giorno si mise in viaggio. Non prese nessuno con sé, a eccezione d’un servo fedele.”
Inizia così la fiaba dei fratelli Grimm L’indovinello.
Un principe vuol esplorare il mondo e di notte arriva alla casa di una strega, e lì chiede di poter dormire con il suo servo; la strega è cattiva ma la figlia di lei, li protegge e dice loro di non mangiare ne bere niente offerte dalla vecchia perchè morirebbero all’istante.
La mattina ripartono e la notte si fermano in un’osteria in cui arrivano 12 briganti che vogliono ucciderli ma si salvano anche da loro perchè i briganti mangiano cibo avvelenato.
Dopo aver cavalcato a lungo, giunsero nei pressi di una cittadina capeggiata da una principessa bella ma altezzosa, la quale aveva proclamato che avrebbe preso per marito colui che le avesse posto un quesito a cui non fosse in grado di rispondere; in caso contrario, al pretendente avrebbe fatto tagliare la testa. La principessa si riservava tre giorni di tempo per indovinare, e siccome aveva una mente arguta e brillante, riusciva sempre a risolverli entro il termine. Quando il principe fece capolino in città, già nove uomini erano stati giustiziati in quel modo; ma quando la vide, rimase stregato dalla sua avvenenza e decise di rischiare la vita per conquistarla. Si presentò a lei con l’indovinello; disse: “Non ne ha ucciso alcuno, ma ne ha fatti fuori dodici: che cos’è?”
La bella e arrogante principessa non riesce a risolvere l’indovinello del giovane e cerca di scoprirlo con l’inganno, usando la sua serva per spiare il pincipe, che però se ne accorge, grazie all’aiuto del suo fedele servo, e la denuncia ai giudici, così la principessa è obbligata a sposare il principe.
Una principessa superba che usa le persone per raggiungere i suoi scopi e un prinicipe leale, che tratta il suo servo da pari e per questo gli è fedele e lo aiuta a smascherare la disonestà della donna. Nell’antichità gli indovinelli erano posti dai saggi come risposta e prova per gli iniziati che chiedevano a loro consiglio e dovevano indovinare la risposta per avere salva la vita. Indovinare dervia dal latino in divinare, cioè usare il linguaggio riservato agli dei e cooscerne i loro segreti. Chi pone l’indovinello ha il potere della risposta, della soluzione all’enigma.
Il principe e la principessa entrambi usano un potere, il primo pone un indovinello irrisolvibile, la seconda ha il potere della risposta; ma il principe resta saldo e leale, mentre la principessa è pronta ad ingannare e usa la sua serva per avere la soluzione.
“La fiaba narra il potere della scelta: rappresenta due differenti stili di leadership, utilizzati dal principe e dalla principessa; modalità di scelta opposte per il medesimo fine: la gestione del potere” Piera Giaccone -C’era una volta un cantastorie in azienda
La regina usa le persone e queste non ubbidiscono ai suoi ordini, perché sono azioni scorrette che non appartengono alla loro indole. Non si possono convincere le persone a fare cose che non sentono proprie.
Le fiabe sono sempre più utilizzate in azienda per riorganizzare, proattivare, favorire il lavoro di gruppo e formare sia i manager che i neoassunti, perchè attraverso la metafora e il linguaggio simbolico suggeriscono valide modalità di comportamento, di condivisione e superamento di conflitti e problemi relazionali; favoriscono il self empowerment e insegnano un utilizzo adeguato della leadership.
Nelle moderne organizzazioni aziendali se il dipendente non riesce a sentire suo il progetto aziendale, non viene coinvolto, motivato, non potrà mai dare il rendimento sperato, ma produrrà bassa motivazione e scarsa collaborazione.
“Solo l’abitudine quotidiana alla presenza produce risultati duraturo di successo, questo mostrano le fiabe millenarie, da sempre, prima ancora che nascessero le aziende. Solo la presenza può comprendere gli accadimenti del quotidiano e coglierne le debolezze. Serve l’esempio, le ripetizioni, la pazienza. Bisogna motivarli con le gratificazioni professionali, gli avanzamenti di carriera gli apprezzamenti, coinvolgerli, responsabilizzarli. Le fiabe ci parlano e favoriscono la resilienza e la serendipità che in economia è stata definita la capacità di creare conoscenza all’interno dell’azienda, laddove essa è costituita dalla capacità di intercettare riflessioni, intuizioni e impressioni personali dei singoli lavoratori e metterle al servizio dell’intera società.”Giacconi – C’era una volta un cantastorie in azienda.

illustrator Adolf Born verlag CBJ
“Sappiate dunque che c’era una volta un principe vedovo, che aveva una figliola così cara che non ci vedeva per altri occhi; per lei teneva una maestra di prim’ordine, che le insegnava le catenelle, il punto Venezia, le frange e il punto a giorno, mostrandole tanto affetto che non bastano le parole a dirlo. Ma, essendosi sposato da poco il padre e pigliata una focosa malvagia e indiavolata, questa maledetta femmina cominciò ad avere in disgusto la figliastra, facendole cere brusche, facce storte, occhiate accigliate da spaventarla, tanto che la povera ragazza si lamentava sempre con la maestra dei maltrattamenti che le faceva la matrigna, dicendole: “O dio, e non potessi essere tu la mammarella mia, che mi fai tanti vezzi e carezze?” E tanto continuò a ripetere questa cantilena che, messole un vespone nell’orecchio, accecata dal diavolo, una volta la maestra le disse: “Se farai come ti dice questa testa pazza, io ti sarò mamma e tu mi sarai cara come le ciliegine di questi occhi”. Voleva continuare a parlare, quando Zezolla (che così si chiamava la ragazza) disse: “Perdonami, se ti spezzo la parola in bocca. Io so che mi vuoi bene, perciò zitto e sufficit: insegnami l’arte, perché io vengo dalla campagna, tu scrivi io firmo” “Orsù” replicò la maestra, “senti bene, apri le orecchie e il pane ti verrà bianco come i fiori. Appena tuo padre esce, dì alla tua matrigna che vuoi un vestito di quelli vecchi che stanno dentro la grande cassapanca nel ripostiglio, per risparmiare questo che porti addosso. Lei, che ti vuol vedere tutta pezze e stracci, aprirà il cassone e dirà: ‘Tieni il coperchio’ E tu, tenendolo, mentre andrà rovistando dentro, lascialo cadere di colpo, così si romperà l’osso del collo. Fatto ciò, tu sai che tuo padre farebbe monete false per accontentarti e tu, quando ti accarezza, pregalo di prendermi per moglie, perché (beata a te!) sarai la padrona della vita mia”
Gianbattista Basile, scrittore italiano di epoca barocca è stato uno dei primi a utilizzare la fiaba come forma di espressione popolare.
Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille è una raccolta di 50 fiabe in lingua napoletana pubblicate nel 1634 ed è costituita da 50 fiabe, raccontate da 10 novellatrici in 5 giorni – infatti l’opera è conosciuta anche come Pentamerone – e ha le caratteristiche della novella medievale anche se si avvicina però ai temi fiabeschi.
Il Pentamerone è però rivolto a un pubblico adulto, per i temi trattati: Basile descrive una Napoli plebea, miserabile, chiassosa, turpe: taverne, bordelli, bische, malefemmine. E i personaggi dei cinquanta racconti si raccolgono con lo scopo di far ridere il lettore; infatti Lo Cunto è un’opera preparata per il divertimento delle corti.
Dalla sua opera alcune fiabe ebbero poi una grandissima diffusione nella cultura europea – come ad esempio la Gatta Cenerentola, da cui Perrault trasse la sua Cenerentola, che affinò per adattarla alla corte francese del Re Sole: la pianella diventa una scarpetta di cristallo – sembra che la versione originale parlasse di una scarpetta di pelo e per un errore di traduzione diventò vetro – e si perdono alcuni elementi forti della prima versione della fiaba, infatti la cenerentola di Perrault è dolce e remissiva.
La gatta Cenerentola di Basile, Zezzolla, non è una fanciulla dolce e indifesa; uccide la prima matrigna, incitata dalla propria maestra sarta, che le promette di trattarla con amore se le farà sposare il proprio padre, e così accade. Ma anche la seconda matrigna non è da meno della prima e dopo pochi giorni comincia a maltrattarla e a imporre al Re le sue sei figlie.
Esistono tantissime versioni di questa fiaba ma la Zezzolla di Basile è l’unica che è è artefice del proprio destino, delle proprie trame e del proprio misfatto – (Bettelheim ) Tramite l’aiuto della fata della pianta di dattero che le dona un dattero magico, riesce ad andare al ballo per incontrare il Re e, alla fine, riesce a farsi sposare.
La Cenerentola di Basile è un caso molto raro nelle fiabe: lei non viene maltrattata dalle sorelle – la storia non ne parla – e uccide la prima matrigna ma per questo non viene nemmeno punita, anzi alla fine, otterrà il suo premio, cioè diventare regina.
In questa fiaba non è presente il conflitto fraterno, presenta nelle altre versioni, quanto il superamento del conflitto edipico: l’uccisione della matrigna, prima – probabilmente madre naturale e le due matrigne sono la stessa persona – e l’aiuto ottenuto dalla fata della palma, dopo, suggeriscono che la fanciulla abbia superato positivamente il conflitto edipico con la madre, e con esso le fantasie inconsce di reprimerla per mettersi al suo posto.
La bellissima e antica fiaba di Cenerentola si presta a tantissime interpretazioni e significati simbolici e non basta un post per raccontarli; possiamo dire che in alcune versioni, anche europee, Cenerentola fugge perchè il padre di lei vuole sposarla – ancora presenti le ripulse epidiche (Bettheleim- Il mondo incantato)
Il dattero magico rappresenta la risorsa che la giovane, determinata e sicura di sè, utilizza per raggiungere il suo scopo. Le versioni più recenti della fiaba puntano al conflitto fraterno – ma il bambino percepisce che Cenerentola dalla condizione di reietta – prima amata dalla madre che però muore, poi dalla matrigna che finge di esserle amica, rifiutata anche dal padre con cui aveva un rapporto privilegiato, e infine relegata a pulire il camino – una giusta punizione per il desiderio inconscio di prendere il posto della madre; sporca di fuliggine perché il suo desiderio è altrettanto sporco – può superare e uscire vittoriosa dal sui pensieri negativi nei confronti del genitore. In questo modo acquisisce la fiducia e la consapevolezza supera il senso di colpa inconscio per i suoi desideri cattivi.
Alle sorelle di Zezolla non è riservata la fine terribile capitata invece a quelle della versione dei Grimm: prima amputate rispettivamente del calcagno e delle dita del piede per cercare di infilare la scarpina di cristallo, e poi essere accecate dalle colombe amiche di Cenerentola.
“Così partirono, e il giorno dopo tornarono tutte, e, insieme con le figlie di Carmosina, Zezolla, la quale, come il re la vide, gli dié l’impressione di quella che desiderava; e nondimeno dissimulò. Ma, finito il desinare, si venne alla prova della pianella, che, non appena fu appressata al piede di Zezolla, si lanciò di per sé stessa, come il ferro corre alla calamita, a calzare quel cocco pinto d’Amore. Il re allora strinse Zezolla tra le sue braccia, e, condottala sotto il suo baldacchino, le mise la corona sul capo, ordinando a tutti di farle inchini e riverenze come a loro regina. Le sorelle, livide d’invidia, non potendo reggere allo schianto dei loro cuori, filarono moge moge verso la casa della madre, confessando a lor dispetto che pazzo è chi contrasta con le stelle.”
Per loro solo una comprensibile invidia e la consapevolezza che è inutile opporsi al destino segnato dalle stelle che spetta ai giusti e agli umili di cuore!

Ivan Bilibin
Aleksander Afanav’es fu scrittore, linguista e uno dei massimi studiosi del folklore, della mitologia e della tradizione russa. A lui si deve la più grande testimonianza dei racconti e delle fiabe della cultura e della tradizione popolare del suo paese; ispirato dai fratelli Grimm, Afanas’ev raccolse 600 fiabe che rappresentano la raccolta più grande esistente di fiabe russe.
Le Fiabe russe – anche Lev Tolstoj, uno dei maggiori scrittori e filosofi dell’800 scrisse molte fiabe dedicate ai bambini poveri per cui aveva aperto una scuola – popolate da draghi, streghe, spiriti magici e serpenti sono bellissimi racconti ricchi di atmosfere magiche, oscure e affascinanti, miste alla paura; non parlano di fate – tipiche della tradizione celtica, – e uno dei personaggi ricorrenti è la Baba Jaga, presente anche nella tradizione slava e polacca, una vecchia strega, orribile nell’aspetto che vive in una casa fatta di ossa e resti umani, che viaggia su una specie di mortaio, e cancella i sentieri dei boschi con una scopa di betulla d’argento. Una vecchia che può essere positiva e dare consigli, ma in caso contrario rapisce i bambini e può anche decidere di mangiarsi i suoi ospiti.
“Vasilisa camminò tutta la notte e tutto il giorno, solo la sera successiva giunse a una radura, dove si trovava la casetta della Baba Jaga; la palizzata intorno alla casa è fatta di ossa umane, sui pali della palizzata stavano dei teschi umani con gli occhi; invece dei gangheri della porta c’erano gambe umane, invece dai catenacci, delle braccia umane,invece del lucchetto una bocca con denti aguzzi. Vasilisa impietri’ per il terrore, stette li’ stordita. A un tratto passò un altro cavaliere: tutto vestito di nero, su un cavallo nero; galoppo’ verso il portone della Baba Jaga e scomparve, come se fosse stato inghiottito dalla terra. Era giunta la notte. Ma il buio duro’ poco: a tutti i teschi della palizzata si accesero gli occhi, e in tutta la radura si fece luce, come nel bel mezzo del giorno. Vasilisa tremava per lo spavento ma, non sapendo dove rifugiarsi, rimase li sul posto.”Vasilissa la bella – Afanav’es
Baba Yaga ha tre servitori il Cavaliere bianco, che rappresenta il giorno; il Cavaliere rosso, che rappresenta il sole; il Cavaliere nero, che rappresenta la notte e che lei definisce “la mia alba luminosa, il mio sole e la mia notte scura”. perché lei controlla il tempo, il giorno e la notte; infatti la vecchia strega è connessa alla natura selvaggia e la può controllare; simbolo della Madre Terra, depositaria del sapere, che può essere saggia e generosa, ma terribile nello stesso tempo con i suoi figli.
Qualche volta può dare il suo aiuto a chi lo chiede ma può essere davvero rischioso perché lo concede solo a chi è puro di cuore e spirito.

Illustrator Irina Dobrescu – verlag Nord Sud
Diamo valore al nostro tempo; dedichiamolo a chi amiamo, usiamolo per a fare le cose che ci fanno stare bene, riempiamolo di risate. Giochiamo, leggiamo, e leggiamo ancora, leggiamo le fiabe, e parliamo guardandoci negli occhi; ascoltiamo buona musica, meglio se in compagnia, e non dimentichiamo mai gli amici , a due e a quattrozampe…
Il tempo speso bene non se va mai via per davvero…

copyright Fiabe in costruzione
Avvistata stanotte…

“Cappuccetto Rosso, senza farselo dire due volte, partì...”
Charles Perrault – Cappuccetto Rosso