L’angelo bianco

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Illustrator Patrizia Kovacs

L’ANGELO BIANCO

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Per tutta la terza domenica d’Avvento l’Angelo Bianco è al nostro fianco. La sua luce penetra nei nostri cuori, ci riscalda e ci illumina affinché possiamo vedere la nascita del Bambin Gesù.

 

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Il castello di marzapane

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Illustrator Patrizia Kovacs

Si racconta che nel bosco c’è un castello. Non è tanto facile vederlo, perché è coperto dagli alberi, anzi è su un albero.

-Un castello su un albero? – chiese Keil ridendo

-Certo, ma questo non è un castello come tutti gli altri miei cari – rispose la nonna – prima di tutto non fatto né di legno, né con le pietre, e non ha nemmeno i vetri alle finestre. La sua torre è fatta di cioccolato, e le sue mura sono fatte di marzapane e al posto delle finestre ci sono caramelle, dolcetti e biscottini.

-Voglio andarci nonna – gridò la piccola Gemma.

– Anch’io, ora!- gridò Keil che adorava il cioccolato.

Si racconta che una volta un uomo,  saputo del castello di marzapane, volle andare a cercarlo e addentratosi nel bosco cominciò a camminare, ma del castello non c’era traccia. Camminò così a lungo che arrivò nel punto del bosco più pericoloso e scuro, dove nessun umano si era mai spinto, ma fra le punte degli alberi intravide il castello con la sua torre di cioccolato e senza pensarci un solo attimo continuò il cammino.

Subito arrivarono ombre scure che gli camminarono  accanto mentre le streghe del bosco lo chiamarono sussurrandogli all’orecchio, e quando lui, sentendo il suo nome sorpreso, rispose, si ritrovò al punto di partenza all’ingresso del bosco.

Per  altre 6 volte l’uomo tornò nel bosco e arrivato al punto più scuro,  si ritrovò al punto di partenza, perché la seconda volta seguì un profumo di tacchino arrosto e lo volle mangiare, la terza sentì una musica da ballo e volle ballare, e la quarta vide per terra dell’oro e volle prenderlo;  la quinta trovò  un albero con delle mele dorate e volle coglierle, la sesta trovò un vestito da Re e volle indossarlo, e la settima incontrò una bellissima principessa e volle sposarla.

-E alla fine l’uomo arrivò al castello?- chiese Gemma

-No piccola mia. Perché l’uomo voleva trovare il castello a tutti i costi, ma voleva anche sapere chi lo chiamava, e voleva il tacchino, voleva l’oro, voleva andare al ballo e voleva prendere le mele dorate, voleva vestirsi da Re e sposare una principessa. A volte bisogna andare avanti per la strada che abbiamo scelto e raggiungere il nostro tesoro,  senza farci confondere dai falsi doni del bosco- rispose la nonna.

– Si racconta che l’uomo non abbia imparato la lezione e ancora oggi sia alla ricerca del suo castello di marzapane…

Il cuore

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Illustrator Patrizia Kovacs

La giornata volgeva al tardo pomeriggio e il pallido sole aveva già lasciato il posto ad una nebbia leggera che aveva avvolto ogni cosa, e il paesaggio conosciuto era diventato un nuovo, magico mondo.

Il vento arrivò improvviso e gelido, sollevando le foglie secche e i rametti dei pini che l’uomo aveva tagliato per decorare le proprie case per il Natale e poi con forza scivolò  nel grande prato vicino al villaggio, sollevando la nebbia che si sciolse in mille goccioline minuscole  e, sempre più gelido, portò con sé i primi fiocchi di neve; era l’inverno più pazzo mai ricordato dall’uomo e strani presagi aleggiavano nell’aria.

Quella sera, molti raccontarono di averlo visto, una macchia rossa  fra i fiocchi candidi e le foglie appassite, e molti ammisero  di aver sentito un’improvvisa, inspiegabile tristezza. 

Tutti conoscevano l’ antica storia della Fata Bianca, la Regina dei boschi,  che si innamorò di un umano che non poteva amare: il destino delle Fate non è legato a quello degli uomini, e per la loro debolezza  furono puniti. Lei fu trasformata in vento e a lui fu rubata la memoria e si dimenticò del suo amore.

Si racconta che, a volte,  nel mese più freddo e magico dell’anno,  il vento arriva improvviso, gelido e potente, e  porta con sé qualunque cosa incontri sul suo cammino:  si racconta che quel vento è la Fata Bianca che torna nel mondo degli uomini, per cercare il suo amore.

Se guardi bene, ancora oggi, nei mulinelli di vento colmi di neve, puoi vederla, camminare leggera sul prato, con le mani sul cuore.

La piccola Gemma corse alla finestra che dava sul prato davanti a casa. Mentre la nonna raccontava, il vento aveva cominciato a fischiare attraverso il camino e le fiamme di fuoco si erano ravvivate.

Mentre Keil faceva una smorfia – l’amore… roba da femmine – Gemma rimase a lungo, sospirando,  a scrutare nel buio della sera.

 

 

 

Una vecchia amica

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Patrizia Kovacs

Una mattina aprendo la porta di casa, notai sulla ghirlanda una cavalletta.
Subito pensai che fosse meglio mandarla via, poi però non lo feci.
Si mimetizzava tra le pigne e i bastoncini di cannella ed ogni tanto cambiava posto.

Feci questo disegno.

Era il 2012 e mancavano tre settimane a Natale…

 

 

 

La slitta

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La neve ha  finalmente smesso di scendere copiosa, e il  cielo si sta illuminano di un pallido sole. Il piccolo Mario, che sta con il nasino appoggiato alla finestra, grida gioioso: – ha smesso di nevicareeeeee, andiamo a giocare! – e comincia a saltellare allegramente per la casa.

Mario è  sempre così: un piccolo tornado che porta tanta allegria in casa. Arrivano anche le sue due sorelle, Elena che batte le manine – lei è sempre contenta – e Anna, la più grande, una piccola donnina già saggia  e responsabile.

Tutti e tre guardano fuori dalla finestra: il prato davanti a casa e la piccola collina vicina sono carichi di meravigliosa morbida, candida neve.

Andiamooo- dice Anna.

– Evvivaaaa-  dice Elena, mentre il piccolo Mario è già in giardino, senza nemmeno  la giacca pesante.

Gemma sorride; il piccolo Mario è così divertente e lui e le sue sorelle le sono già simpatiche.

-cosa fanno poi, nonna? – La nonna continua:

La mamma Luisa arriva appena in tempo e riesce a infilare la giacchetta e il berretto a Mario, mentre Anna ed Elena sono già fuori, e sapete dove vanno così di fretta?

Gemma e Keil incantati fanno no con la testa, anche loro adorano la neve.

Anna, prende la vecchia slitta gialla, e la tira fino in cima alla collina mentre Elena e Mario un po’ la aiutano e un po’ le saltellano intorno contenti; non vedevano l’ ora di usarla.

Arrivano in cima alla collina e il piccolo Mario si siede davanti, dietro di lui Elena, e già stanno ridendo come matti,  e dietro si siede Anna che protettiva li abbraccia entrambi e… via! La slitta comincia a scendere piano, piano e poi prende sempre più velocità ed è bellissimo sentire l’aria fredda addosso, e la neve che arriva sul viso; sembra di volare.

Il piccolo Mario, Elena e Anna urlano felici la loro gioia, e le loro grida arrivano fino al cielo; gli scoiattoli curiosi, che vivono nei tronchi degli alberi, spiano fra i rami il motivo di tanto chiasso mentre il pallido sole sorride bonario contagiato dalla loro allegria.

L’abete

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Illustrator Patrizia Kovacs

Chi abita sull’abete
tra i doni e le comete?
C’è un Babbo Natale
alto quanto un ditale.
Ci sono i sette nani,
gli indiani,
i marziani.
Ci ha fatto il suo nido
perfino Mignolino.
C’è posto per tutti,
per tutti, c’è un lumino
e tanta pace per chi la vuole,
per chi sa che la pace
scalda anche più del sole.

Gianni Rodari- L’abete di Natale

Il primo fiocco di neve

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Il piccolo villaggio era in attesa; il freddo era arrivato, era dicembre e nelle case i camini ardevano donando il loro generoso calore. Tutto era pronto: gli alberi erano addobbati con luci dorate e sfere colorate; era la vigilia  di  Natale.

A dire il vero quasi tutto era pronto. Il sindaco del villaggio uscì dal Comune e guardando il cielo disse fra sé : – mah… –

Camminando, passò davanti al negozio del barbiere, che in attesa di nuovi clienti aspettava sulla porta del suo negozio. I due si guardarono  con la stessa domanda:

-Ma la neve? –

La stessa domanda era disegnata silenziosa come un grosso punto esclamativo sul viso del panetterie, su quello del dottore che andava di fretta perché con il primo freddo tutti si erano presi il raffreddore, e sulla faccia della signora Agostina che, in silenzio, non smetteva di scrutare il cielo.

Ma dov’era la neve? Quell’anno non voleva proprio saperne di arrivare, e non era mai capitato, mai, da quando era nato il primo abitante del piccolo villaggio.

– E che Natale è senza neve? – diceva la maestra della scuola, pensierosa, mentre i bambini, erano tristi perché non potevano nemmeno fare un piccolo pupazzo.

Alla fine la domanda passò di bocca in bocca e tutti si ritrovarono nella piccola piazza del paese a commentare il fatto.

-Cosa succederà ora senza neve? – chiese la moglie del lattaio

– Sicuramente è un brutto segno- disse  la pasticcera che per la preoccupazione non riusciva più a fare le sue buone torte.

Tutti guardavano il cielo grigio pieni di speranza ma niente, non si vedeva nemmeno un piccolo fiocco di neve. 

-Possiamo dargli un po’ della  nostra neve? – disse Gemma che era sempre generosa con tutti.

-Perché erano così preoccupati che non arrivava la neve?- chiese più pratico il piccolo Keil.

– Perché a volte le persone si abituano alle cose e le danno per scontate, ma poi ogni piccolo cambiamento le spaventa.- rispose la nonna.

Non si ricordavano più di quanto si erano lamentati gli anni prima della neve, ogni anno accadeva – e la neve era troppa, ed erano bloccati per mesi, e poi dovevano spazzare le strade ogni giorno. E quando i bambini uscivano a giocare, le mamme si arrabbiavano perché tornavano a casa tutti bagnati e sporcavano dappertutto.

Gli uomini si dimenticano presto delle cose. E desiderano subito quello che credono di aver perso, e che prima ignoravano – disse la nonna e poi continuò – solo i bambini desideravano sempre la neve e a loro mancava davvero. E solo il desiderio del loro cuore puro fu esaudito. Mentre tutti i grandi parlavano e parlavano, cercando ragioni e facendo supposizioni, e dopo  po’ cominciarono ad addossarsi la colpa l’un l’altro per la scomparsa della neve, i bambini andarono tutti insieme nel bosco a cercare la neve. 

Quando tornarono, il gruppo di adulti stava ancora discutendo: i bambini si infilarono nel mezzo e il più piccolo di tutti, Tommy alzò la sua manina paffuta e l’aprì, e i grandi rimasero improvvisamente in silenzio, a bocca aperta.

Un  fiocco di neve, candido ed elegante, un piccolo brillante prezioso si guardò intorno sorpreso da tutta quella attenzione e poi  si sciolse in preziose perle umide, nella manina del piccolo Tommy.

-Oooohhhh-disse il Sindaco

-Ohhhh- disse il barbiere

-Ohhhhh- disse la pasticcera.

Un secondo fiocco di neve scese leggero dal cielo, ondeggiando elegante come un ballerino che si è fatto attendere un po’ per la prima del suo spettacolo, seguito poi da tanti altri.

I grandi, si salutarono l’un l’ altro augurandosi Buon Natale e tornarono a casa, forse sentendosi un po’ imbarazzati,ma già presi dal altre faccende; solo i bambini restarono a giocare insieme con la neve e le loro risate gioiose raggiunsero il cielo.

L’Angelo Rosso

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Illustrator Patrizia Kovacs

 

L’ANGELO ROSSO

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 L’Angelo Rosso della seconda Domenica d’Avvento, legge nel nostro cuore e accoglie la forza del nostro Amore. La porta su in alto, nelle sfere celesti donandoci luce e forza vitale per la nostra Anima. L’Amore riconosciuto che nutre e che ci fa sentire più Vivi.

 

L’alberello

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Illustrator Patrizia Kovacs

 

Tanto, tanto tempo fa c’era un piccolo alberello che  se ne stava tutto solo in cima ad una collina.

Forse il vento aveva portato il suo seme dalla foresta che era molto lontana da lì, o forse qualche insetto operoso dopo aver bevuto la linfa delle margherite selvatiche che crescevano sulla montagna vicina, aveva  mangiato un po’ della sua essenza e l’aveva portata sulla cima della collina, e la sua volontà di vita aveva messo le prime radici e  aveva cominciato a crescere; il suo fusto leggero era diventato sempre più forte e i suoi rami sottili erano cresciuti tesi al cielo; all’arrivo della dolce primavera si era riempito di foglie verdi che fremevano alla carezza della brezza notturna e si svegliavano con la prima rugiada del mattino.

L’alberello era contento e in realtà non si era mai sentito solo, perché da lì vedeva sorgere il sole ogni mattina, e i suoi primi raggi generosi lo inondavano di  luce dorata. Il giorno, i suoi rami offrivano l’ombra a chiunque volesse riparo dal calore della giornata e la sua ombra era fresca e rigenerante.  Quando pioveva, gli uccellini si riparavano sotto le sue larghe foglie e una volta aveva ospitato per qualche tempo una famiglia di scoiattoli birichini.

Poi era arrivato il suo primo inverno e il freddo aveva fatto cadere le sue foglie e la neve candida aveva coperto ogni cosa;  l’ alberello,generoso, aveva ospitato altri piccoli animali nel suo tronco, per ripararli dal gelo di dicembre.

Una notte mentre  ammirava il paesaggio candido di neve guardò  il cielo brillante di stelle e come spesso faceva ascoltò i loro discorsi.

Lo sapete vero, che le stelle quando brillano nel cielo si raccontano le storie di noi piccoli essere umani? – Chiese la nonna.

-Raccontano anche di noi? – chiese incantata la piccola Gemma; lei adorava le stelle.

-Certo – rispose la nonna, – loro vedono tutto –

Quella notte le stelle raccontavano dell’arrivo del  piccolo Re, e di come avrebbero donato  la loro luce per rendere  omaggio alla sua meraviglia e il piccolo alberello, ascoltandole, si sentì improvvisamente triste, perché con  il freddo aveva perso tutte le sue belle foglie e non aveva niente da donare ad un piccolo Re.

Ma il buon Dio sapeva  che l’ alberello aveva donato se stesso, ogni giorno, a tutti gli animaletti che ospitava sui suoi rami, che proteggeva dagli improvvisi temporali, a cui offriva la sua fresca ombra e la linfa preziosa delle sue foglie, e volle premiarlo:  l’Angelo delle stelle lanciò dal cielo  tantissime piccole stelline lucenti che come pioggia dorata si posarono sull’alberello che diventò bellissimo  e pieno di luce.

-Proprio come il nostro albero di Natale – disse Keil con occhi sognanti. Anche lui amava le stelle…

Incontro

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illustrator Patrizia Kovacs

Era la sera di Natale e la mamma rimboccò le coperte del bambino, che agitato, aspettava l’arrivo di Babbo Natale. 

-Quando arriva Babbo Natale? Posso vederlo? Che regalo mi porta?

-anch’io voglio vedere Babbo Natale – disse la piccola Gemma che non perdeva occasione di esprimere il suo parere.

La nonna continuò sorridendo- la mamma gli rispose che doveva chiudere gli occhi e dormire, perché Babbo natale arrivava proprio quella notte e avrebbe potuto vederlo nei sogni, e per il regalo doveva desiderare forte forte il suo dono, e Babbo Natale  l’avrebbe sentito.

La piccola Gemma ubbidiente chiuse gli occhietti e fece finta di dormire, mentre Keil, la guardava con affettuosa sufficienza – lui era troppo grande per queste cose!

La nonna continuò. Il bambino allora chiuse gli occhi e desiderò, desiderò così forte che strinse i pugni e il suo desiderio puro arrivò fino al cielo, oltre le stelle… e poi si addormentò.

Quella stessa notte Mina arrivò nel villaggio: era una cagnolina dolcissima e, da tempo, non si ricordava più di chiamarsi così. Una volta aveva una casa e qualcuno che le voleva bene, ma poi quel qualcuno l’aveva abbandonata. Una volta aveva un bel pelo morbido colore champagne, e usciva tutti i giorni a fare una bella passeggiata con il suo umano, che l’aveva accudita finché lei era stata una cucciola profumata e coccolona, ma quando Mina  era cresciuta, l’ uomo aveva smesso di amarla;  perché non era più un giocattolo morbido  – a volte l’uomo può essere così stupido – e un giorno l’aveva abbondata nel bosco.

Mina aveva aspettato a lungo, certa che sarebbe tornato a riprenderla, ma poi era diventato buio, e lei era rimasta davvero da sola.  Si era sentita molto triste e, nei giorni seguenti, aveva camminato un sacco per poter tornare a casa, ma non aveva trovato la strada. Aveva imparato che gli umani spesso hanno un odore cattivo e bisognava starne lontani.

Anche Pongo arrivò nel villaggio quella notte; anche lui era un quattro zampe peloso, proprio come Mina, e anche lui si era scordato di chiamarsi Pongo, e di avere avuto una casa, perché da tanto tempo nessuno lo voleva più, ma era un cagnone allegro e giocherellone.

La neve era scesa copiosa e i rami dei grandi pini silvani si piegavano sotto il  suo peso. Le case del villaggio erano tutte illuminate nonostante fosse quasi mezzanotte, perché quella era la notte Santa e ogni famiglia stava seduta davanti al fuoco, in attesa.

Mina, nell’aria annusò un odore buono, che non era quello del cibo che usciva dalle case, nonostante le finestre chiuse, e le faceva brontolare lo stomaco. Era un odore che la faceva stare bene. A testa bassa seguì la traccia odorosa, dimenticando il freddo, la fame e la stanchezza. Fu così che conobbe Pongo, che ascoltando lo stesso buon odore era arrivato fino a lei, naso contro naso, e i due si guardarono stupiti. “Ecco da chi arriva questo buon odore”, pensarono insieme e si guardarono, occhi negli occhi, e sotto quel meraviglioso cielo stellato di dicembre le loro anime pure e semplici si scambiarono e restarono incatenate per sempre. Da quel momento non sarebbero mai più stati soli.

-Ohhh- disse Gemma che era romantica, mentre Keil faceva il duro: l’amore era roba da donne. Ma poi chiese:

-e restarono sempre insieme? –

-Sempre – rispose la nonna con un sorriso – ma non solo. Insieme seguirono un altro buon odore; un odore di coccole, di casa, di amore e fuoco acceso, di amicizia infinita, di corse insieme nei prati a primavera. Seguendo quell’odore meraviglioso arrivarono alla casa del bambino  che li aveva desiderati forte forte, e nel sonno li stava già incontrando.

Mina e Pongo si accucciarono sotto la finestra della camera del bambino e attesero insieme il Natale.