Mr. and Mrs. Frosty

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Illustrator Patrizia Kovacs

21° giorno di Avvento

Si erano conosciuti tanto tempo fa, quando erano ancora giovani. Era la vigilia di Natale e aveva nevicato tutto il mese, e il vento gelido non dava tregua. Nonostante questo i bambini si stufavano a stare chiusi in casa, così un pomeriggio uscirono a  giocare con la neve;  prima si tirarono le palle di neve, e giocarono a rincorrersi, e poi decisero di costruire un bel pupazzo di neve. Uno mise la sua sciarpa rossa, l’altra portò i bottoni di un vecchio cappotto della mamma, e un’altra portò una patata, e  un vecchio paralume che non funzionava più; ed ecco occhi, naso e un bel cappellino per il pupazzo di neve che, appena ebbe gli occhi, si guardò intorno, con grande meraviglia e curiosità.

-Chiamiamolo Mr. Frosty- disse uno dei bambini.

Che bel mondo era quello. Tanti bambini con cui giocare,  e un bel vento gelido che lo temprava, e ogni giorno i bambini andavano a trovarlo.

Ma nonostante questo dopo un po’, il pupazzo di neve si sentiva solo. Ma non c’erano altri pupazzi come lui al mondo? Era così triste che nonostante il freddo, il naso a patata continua a scivolare giù!

Una delle bambine se ne accorse, lo guardò a lungo e poi disse agli altri – E’ così solo poverino, facciamo un altro pupazzo, così avrà compagnia.-

Detto, fatto. Una mantellina rossa, un paralume, questo funzionate, rubato alla nonna che dormiva, due bottoni, e una carota. Ecco un altro bel pupazzo di neve.

Mr. Frosty guardava senza farsi vedere, non voleva fare il maleducato, non si fissano le persone, ma quando il pupazzo fu finito rimase incantato a guardarla: era una bellissima pupazzo di neve, con deliziosi occhi di bottone azzurri, oltre ai quali lui vedeva la sua  anima pura.

Anche lei si guardò intorno con meraviglia e stupore, ma la prima cosa che vide fu proprio lui, Mr Frosty, e rimase senza parole.

Da allora furono inseparabili. Mr Frosty aveva trovato la sua signora. Facevano lunghe passeggiate nei boschi, e lui raccoglieva per lei i ciclamini che impavidi spuntavano fuori dalla neve. Quando arrivava la primavera, si spostavano sulle punte più alte, per trovare il freddo che li faceva sentire bene. Erano davvero una bella coppia!

-Oh nonna voglio tanto vederli, posso?- dissero insieme i piccoli Gemma e Keil.

-Mr e mrs Frosty tornano ogni anno a dicembre in questi boschi, dove sono nati. – rispose la nonna. – Tornano a trovare i bambini che li hanno creati e che li attendono da allora  ogni natale;  ancora oggi, anche se non sono più bambini, anche se sono diventati grandi,  tanto grandi, non vedono l’ora di rivederli…

 

Nico e Noel

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La piccola Noel aveva freddo e si accucciò accanto a Nico che la annusò con attenzione. Era l’odore della paura, della fame, del freddo.

Era lo stesso odore che aveva lui. Troppo piccoli per affrontare il mondo così grande; erano stati abbandonati dall’umano che avrebbe dovuto proteggerli. Strappati alla loro mamma quando ancora avevano bisogno delle sue cure. 

Ma erano insieme, e non si sarebbero mai separati. 

Gemma, seduta per terra, con le braccia attorno alle gambe, aveva già gli occhi lucidi. Lei amava tutti gli animali, e non sopportava che stessero male. Poi voleva tanto un gattino

La nonna le sorrise: il buon Dio protegge sempre le sue creature indifese – le disse,

e proseguì: la donna camminava a testa bassa, per non sentire il vento gelido sul viso; aveva fretta di andare a casa, al caldo. Non se ne accorse subito, ma non le sfuggì la macchia rossa, che era scomparsa in una fessura  dietro un mucchio di legna, accatastato sulla strada.

La testa le disse: “vai, fa freddo, non fermarti.”

Il cuore le disse: “fermati!” e lei lo ascoltò, come  sempre.

Tornò indietro, e guardò accanto al mucchio di legna; e prima non vide niente ma poi sentì i due profondi occhi ambra puntati su di lei, e poichè ascoltava con il cuore sentì la sua paura. Senza pensarci infilò la  mano nella fessura e appena sentì il pelo morbido, lo prese in mano con delicatezza e restò senza parole; un gattino minuscolo, magrissimo e bagnato si agitava  disperato.

La donna, che si chiamava Maristella se ne innamorò subito; lo strinse a sé, infilandolo nella sua giacca per dargli un po’ di calore, e il piccolo Nico sentì il suo odore buono.

-Che bel regalo di Natale, ti chiamerò Nico, – disse Maristella ed era felice. Si incamminò sulla strada di casa,  la loro casa ormai, ma il piccolo gattino si divincolò e con un salto cadde sulla neve, vicino alla legna.

 Non avrebbe mai potuto abbandonare Noel!

La donna lo guardò sorpresa e poi si chiese perché mai continuasse a miagolare in direzione della legna, il piccolo corpo fradicio e infreddolito,  ma  quando provò a prenderlo in mano, di nuovo il gattino si divincolò con un salto.

Seguendo l’istinto Maristella infilò di nuovo la mano nella fessura dove prima aveva trovato Nico  e, incredibile; sentì ancora qualcosa di morbido e  lo prese con delicatezza.

Una minuscola gattina urlante con magnifici occhi colore giada, la guardava spaventata.

Maristella sorrise.  Amava gli animali e sapeva che il loro cuore puro era capace di cose meravigliose.

-Va bene- disse Maristella stringendo a sé i due gattini tremanti, -dove c’è posto per uno c’è posto per due.-

E piano, piano sentì che smettevano di tremare. Maristella proseguì il cammino verso casa con i due gattini sul cuore, e quando la femmina cominciò a fare le fusa, lei sorrise.

-Davvero un meraviglioso regalo di Natale. Ti chiamerò Noel-

Storia di un abete

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Illustrator Patrizia Kovacs

La piccola Gemma guardava fuori dalla finestra il paesaggio innevato, illuminato dal candore della neve che aveva smesso di cadere. Tutto sembrava diverso, perché la neve dava forme morbide ad ogni cosa, e le rendeva magiche.

Anche il piccolo abete davanti a casa aveva gli esili rami piegati dal peso della neve, e per il gelo,  sulle sue punte si erano formati minuscoli ghiaccioli che luccicavano come piccoli cristalli.

Gemma gridò: – il nostro Abete di Natale!-  troppo contenta perché ne aveva desiderato tanto uno.

Anche Keil arrivò alla finestra e guardò sorpreso il piccolo abete che sembrava vestito a festa.

-Nonna possiamo uscire a vedere il nostro abete di Natale?- La nonna si era svegliata alle grida di Gemma.

Si infilarono le giacche pesanti e uscirono sul prato davanti a casa.

-E’ bellissimo- dissero insieme  Keil e Gemma, perché i cuori semplici possono veder la bellezza anche nelle piccole cose, e il piccolo abete, fiero, non sentì più il peso della neve e il solletico del ghiaccio sulle sue punte, e si fece più dritto per mostrarsi meglio.

La piccola Gemma si slegò il nastro rosso che le legava i capelli -lei adorava quel nastro – e lo donò all’abete , avvolgendo con esso la sua punta con un bel fiocco.

-Non ho mai visto un abete di natale più bello- disse Gemma soddisfatta.

La nonna, avvolta nel suo scialle, era rimasta davanti alla porta di casa e si commosse: anche lei non ne aveva mai visto uno più bello.

 

 

 

 

 

Il dondolo

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Illustrator Patrizia Kovacs

 

Il mercatino di Natale era illuminato da luci multicolori e ogni bancarella era colma di visitatori che compravano cibo e regali per l’imminienteNatale. La più visitata era quella dei giocattoli, colma di  bambole, orsetti, case per le bambole, trenini, e macchinine. Erano giochi meravigliosi.

Alla fine della serata il venditore della bancarella dei giocattoli, che aveva venduto tanti giochi, sistemò le sue cose per chiudere e andare a casa. Stava iniziando a nevicare ed era ormai buio e poche persone si attardavano alla bancarella che vendeva ottimo stufato e vino.

Mentre riponeva i giocattoli rimasti, il venditore vide la vecchia renna a dondolo, con il legno e il sedile rovinato dal tempo e i colori sbiaditi. Da tanto tempo nessuno la guardava più e nemmeno era interessato a comprarla, così decise di buttarla nella spazzatura. Sicuramente non l’ avrebbe mai  venduta.

-Povera Renna – sussurrò  la piccola Gemma, perchè la nonna continuava a dormire.

Keil – ora era lui a raccontare una storia – continuò.

L’uomo, che stava tornando a casa dopo aver cercato tutto il giorno di recuperare qualcosa da mangiare, passò per caso accanto al mucchio di spazzatura del mercato e vide la vecchia renna a dondolo abbandonata su un mucchio di stracci. Si fermò; guardò il legno rovinato e i colori slavati, e pensò che poteva essere un dono meraviglioso per i suoi due bambini che non ricevevano regali da tanto tempo. Così se la caricò sulle  spalle e quando arrivò a casa, i suoi due bambini furono immensamente felici per il dono, e non badarono al legno vecchio e ai colori rovinati; per loro era un regalo bellissimo. La vecchia renna a dondolo fu messa al centro della stanza e i due bambini giocarono con lei per tutta la sera.

Era la vigilia di Natale e i due bambini andarono a dormire agitati e contenti.  La renna a dondolo rimase  nel buio della notte; tutto era silenzioso, la neve scendeva copiosa e il camino crepitava allegramente nella stanza. Fu allora che  la vecchia renna si mosse: tirò le lunghe zampe stirandosi, scosse un po’ il grosso capo, e fece un sospiro soddisfatto. L’aspettava un gran lavoro, perché lei era una delle renne più antiche ed importanti  di Babbo Natale, e il grande Vecchio la stava chiamando; era ora di  prepararsi per portare i regali a tutti i bambini del mondo. Mentre stava per andare, si accorse che i due fratellini, con gli occhi assonnati la stavano guardando sorpresi; avevano sentito dei rumori e si erano svegliati.

La vecchia renna li guardò pensierosa; non era permesso ai bambini di vedere le renne di Babbo Natale. Ma loro erano stati tanto gentili con lei e non avevano badato al suo aspetto, anzi, l’avevano fatta sentire bella e giovane come un tempo. Fece un cenno ai due bambini e loro senza farselo ripetere due volte salirono sulla sua groppa  e,  insieme partirono verso la casa del grande vecchio, per consegnare i doni a tutti i bambini del mondo…

L’ uomo e la tartaruga

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Illustrator Patrizia Kovacs

“La tartaruga, nella sua scatola, si puntò sulle zampine e tirò in alto il muso annusando l’aria. C’era un odore nuovo: odore di umano, ok, misto a quello della paura, della solitudine, e del dolore. Li riconosceva, lei aveva lo stesso odore.

Ma ne sentiva un altro, diverso da tutti gli altri. Era un odore buono.”

Regala o regalati per Natale : L’uomo e la tartaruga  una dolcissima  favola metropolitana, con le belle illustrazioni di Patrizia Kovacs 

Non  solo per i più piccoli, ma anche per i grandi, che a volte, alle prese con lo stress e i problemi di ogni giorno si dimenticano di fermarsi, e di guardarsi intorno. Questa fiaba metropolitana racconta la storia, vera, di un uomo buono, che ha salvato una tartaruga dall’ignoranza e dalla cattiveria dell’essere umano. E le ha regalato una vita migliore. Perché nessun animale è un oggetto…

La bambola e il suo orsetto

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Illustrator Patrizia Kovacs

Era la notte di Santa Lucia, la notte più lunga e magica di tutto l’anno; tutti i bambini erano nei loro lettini, incapaci di dormire ma con gli occhi serrati, perché si diceva che Santa Lucia, che portava i giocattoli ai bambini,  non voleva farsi vedere da loro  e se li avesse incontrati, avrebbe gettato nei loro occhi una polvere scura.

Nessun bambino voleva farla arrabbiare perché Santa Lucia portava doni meravigliosi, e ascoltava sempre le richieste dei bambini. Ogni bimbo, prima di andare a dormire lasciava  sulla finestra di casa un po’ di latte e fieno per il suo asinello, che doveva essere stanco con tutto quel peso sulla schiena. Lui portava i sogni di tutti i bambini del mondo.

Ma non solo i bambini aspettavano Santa Lucia; nella cameretta di una bambina, c’era una bambola che desiderava tanto tanto avere un ‘orsacchiotto.

-Che storia sciocca è questa – protestò Keil- le bambole non  possono desiderare, sono solo bambole

La piccola Gemma, invece di mettere il muso, si fece seria seria – Una strega cattiva le aveva fatto un incantesimo, e lei stava tutto il tempo seduta su un mobile perché quella bambina, che aveva tanti giochi, non giocava mai con lei e la bambola si sentiva sola. Non se lo ricordava più, ma una volta era stata anche lei una bimba.

Keil non replicò e senza accorgersi di avere gli occhi sgranati, restò in ascolto

Così la bambola- proseguì la piccola Gemma- voleva un orsacchiotto, tutto per lei, così avrebbe avuto qualcuno con cui giocare. Detto fatto,  si fece aiutare dai pennarelli colorati che stavano sul mobile e scrisse una lettera a santa Lucia, tutta colorata perché lei non la dimenticasse. E poi, con un bel sorriso sulle labbra, attese…

Venne  la notte di Santa Lucia  e mentre tutti i bambini dormivano, la bambola aspettava seduta sul suo mobile sperando con tutto il suo povero cuoricino da bambola di ricevere il dono tanto desiderato, ma tanta era l’emozione che alla fine si addormentò e sognò il suo orsacchiotto.

Quando la mattina la bambola si svegliò, si sentì davvero strana; sentiva caldo allo stomaco  e qualcosa di strano più su, dove lei non sapeva ancora, c’era il suo cuore:  non sapeva ancora di stare provando l’emozione: guardandosi  le manine  e i piedini  vide che non erano più da bambola: era diventata una bambina che dormiva in un lettino vero, e accanto a lei c’era l’orsetto che le aveva portato Santa Lucia e che divenne il suo inseparabile amico.

 

La magia di una fiaba

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Illustrator Patrizia Kovacs

Il fuoco crepitava allegramente nel camino e la grande cucina era calda e accogliente.

La nonna aveva raccontato bellissime fiabe per tutta la sera  e ora, si era appisolata sulla vecchia poltrona, con un sorriso da bambina. Keil aveva guardato Gemma e le aveva fatto un cenno – Shhh – e lei, con un sorriso, aveva preso il vecchio scialle  vicino al fuoco e aveva coperto la nonna  con cura, e poi si era seduta sul cuscino accanto, e keil si era accomodato vicino a lei.

Gemma sussurrò a Keil: – lasciamola riposare, ha parlato tanto. Io però non ho voglia di andare a dormire; ti racconto io una storia ora. –

Keil contento, senza darlo troppo a vedere, si sistemò meglio sul cuscino: nemmeno lui aveva voglia di dormire.

Le due teste vicine, illuminate dalla luce del fuoco, i due fratellini guardarono la nonna che dormiva serena e poi Gemma cominciò a raccontare le storie di regine, streghe, e dei  piccoli elfi del bosco, e mentre parlava a Keil spuntarono due piedini da elfo e a Gemma, che adorava le fate, spuntarono due piccole ali leggere come seta.

Gemma e Keil si raccontarono bellissime storie a lungo, sussurrando per non svegliare la nonna che dormiva serena; e chissà cosa avrebbe pensato se svegliandosi avesse visto un elfo e una fatina, al posto dei suoi bambini, e avesse trovato la sua cucina piena di folletti, piccole streghe, fatine e fiori magici…

La magia delle fiabe nasce dai cuori puri e dalla fantasia di chi sa guardare il mondo con occhi bambini…

 

 

L’angelo bianco

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Illustrator Patrizia Kovacs

L’ANGELO BIANCO

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Per tutta la terza domenica d’Avvento l’Angelo Bianco è al nostro fianco. La sua luce penetra nei nostri cuori, ci riscalda e ci illumina affinché possiamo vedere la nascita del Bambin Gesù.

 

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Il castello di marzapane

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Illustrator Patrizia Kovacs

Si racconta che nel bosco c’è un castello. Non è tanto facile vederlo, perché è coperto dagli alberi, anzi è su un albero.

-Un castello su un albero? – chiese Keil ridendo

-Certo, ma questo non è un castello come tutti gli altri miei cari – rispose la nonna – prima di tutto non fatto né di legno, né con le pietre, e non ha nemmeno i vetri alle finestre. La sua torre è fatta di cioccolato, e le sue mura sono fatte di marzapane e al posto delle finestre ci sono caramelle, dolcetti e biscottini.

-Voglio andarci nonna – gridò la piccola Gemma.

– Anch’io, ora!- gridò Keil che adorava il cioccolato.

Si racconta che una volta un uomo,  saputo del castello di marzapane, volle andare a cercarlo e addentratosi nel bosco cominciò a camminare, ma del castello non c’era traccia. Camminò così a lungo che arrivò nel punto del bosco più pericoloso e scuro, dove nessun umano si era mai spinto, ma fra le punte degli alberi intravide il castello con la sua torre di cioccolato e senza pensarci un solo attimo continuò il cammino.

Subito arrivarono ombre scure che gli camminarono  accanto mentre le streghe del bosco lo chiamarono sussurrandogli all’orecchio, e quando lui, sentendo il suo nome sorpreso, rispose, si ritrovò al punto di partenza all’ingresso del bosco.

Per  altre 6 volte l’uomo tornò nel bosco e arrivato al punto più scuro,  si ritrovò al punto di partenza, perché la seconda volta seguì un profumo di tacchino arrosto e lo volle mangiare, la terza sentì una musica da ballo e volle ballare, e la quarta vide per terra dell’oro e volle prenderlo;  la quinta trovò  un albero con delle mele dorate e volle coglierle, la sesta trovò un vestito da Re e volle indossarlo, e la settima incontrò una bellissima principessa e volle sposarla.

-E alla fine l’uomo arrivò al castello?- chiese Gemma

-No piccola mia. Perché l’uomo voleva trovare il castello a tutti i costi, ma voleva anche sapere chi lo chiamava, e voleva il tacchino, voleva l’oro, voleva andare al ballo e voleva prendere le mele dorate, voleva vestirsi da Re e sposare una principessa. A volte bisogna andare avanti per la strada che abbiamo scelto e raggiungere il nostro tesoro,  senza farci confondere dai falsi doni del bosco- rispose la nonna.

– Si racconta che l’uomo non abbia imparato la lezione e ancora oggi sia alla ricerca del suo castello di marzapane…

Il cuore

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Illustrator Patrizia Kovacs

La giornata volgeva al tardo pomeriggio e il pallido sole aveva già lasciato il posto ad una nebbia leggera che aveva avvolto ogni cosa, e il paesaggio conosciuto era diventato un nuovo, magico mondo.

Il vento arrivò improvviso e gelido, sollevando le foglie secche e i rametti dei pini che l’uomo aveva tagliato per decorare le proprie case per il Natale e poi con forza scivolò  nel grande prato vicino al villaggio, sollevando la nebbia che si sciolse in mille goccioline minuscole  e, sempre più gelido, portò con sé i primi fiocchi di neve; era l’inverno più pazzo mai ricordato dall’uomo e strani presagi aleggiavano nell’aria.

Quella sera, molti raccontarono di averlo visto, una macchia rossa  fra i fiocchi candidi e le foglie appassite, e molti ammisero  di aver sentito un’improvvisa, inspiegabile tristezza. 

Tutti conoscevano l’ antica storia della Fata Bianca, la Regina dei boschi,  che si innamorò di un umano che non poteva amare: il destino delle Fate non è legato a quello degli uomini, e per la loro debolezza  furono puniti. Lei fu trasformata in vento e a lui fu rubata la memoria e si dimenticò del suo amore.

Si racconta che, a volte,  nel mese più freddo e magico dell’anno,  il vento arriva improvviso, gelido e potente, e  porta con sé qualunque cosa incontri sul suo cammino:  si racconta che quel vento è la Fata Bianca che torna nel mondo degli uomini, per cercare il suo amore.

Se guardi bene, ancora oggi, nei mulinelli di vento colmi di neve, puoi vederla, camminare leggera sul prato, con le mani sul cuore.

La piccola Gemma corse alla finestra che dava sul prato davanti a casa. Mentre la nonna raccontava, il vento aveva cominciato a fischiare attraverso il camino e le fiamme di fuoco si erano ravvivate.

Mentre Keil faceva una smorfia – l’amore… roba da femmine – Gemma rimase a lungo, sospirando,  a scrutare nel buio della sera.