Il dondolo

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Illustrator Patrizia Kovacs

 

Il mercatino di Natale era illuminato da luci multicolori e ogni bancarella era colma di visitatori che compravano cibo e regali per l’imminienteNatale. La più visitata era quella dei giocattoli, colma di  bambole, orsetti, case per le bambole, trenini, e macchinine. Erano giochi meravigliosi.

Alla fine della serata il venditore della bancarella dei giocattoli, che aveva venduto tanti giochi, sistemò le sue cose per chiudere e andare a casa. Stava iniziando a nevicare ed era ormai buio e poche persone si attardavano alla bancarella che vendeva ottimo stufato e vino.

Mentre riponeva i giocattoli rimasti, il venditore vide la vecchia renna a dondolo, con il legno e il sedile rovinato dal tempo e i colori sbiaditi. Da tanto tempo nessuno la guardava più e nemmeno era interessato a comprarla, così decise di buttarla nella spazzatura. Sicuramente non l’ avrebbe mai  venduta.

-Povera Renna – sussurrò  la piccola Gemma, perchè la nonna continuava a dormire.

Keil – ora era lui a raccontare una storia – continuò.

L’uomo, che stava tornando a casa dopo aver cercato tutto il giorno di recuperare qualcosa da mangiare, passò per caso accanto al mucchio di spazzatura del mercato e vide la vecchia renna a dondolo abbandonata su un mucchio di stracci. Si fermò; guardò il legno rovinato e i colori slavati, e pensò che poteva essere un dono meraviglioso per i suoi due bambini che non ricevevano regali da tanto tempo. Così se la caricò sulle  spalle e quando arrivò a casa, i suoi due bambini furono immensamente felici per il dono, e non badarono al legno vecchio e ai colori rovinati; per loro era un regalo bellissimo. La vecchia renna a dondolo fu messa al centro della stanza e i due bambini giocarono con lei per tutta la sera.

Era la vigilia di Natale e i due bambini andarono a dormire agitati e contenti.  La renna a dondolo rimase  nel buio della notte; tutto era silenzioso, la neve scendeva copiosa e il camino crepitava allegramente nella stanza. Fu allora che  la vecchia renna si mosse: tirò le lunghe zampe stirandosi, scosse un po’ il grosso capo, e fece un sospiro soddisfatto. L’aspettava un gran lavoro, perché lei era una delle renne più antiche ed importanti  di Babbo Natale, e il grande Vecchio la stava chiamando; era ora di  prepararsi per portare i regali a tutti i bambini del mondo. Mentre stava per andare, si accorse che i due fratellini, con gli occhi assonnati la stavano guardando sorpresi; avevano sentito dei rumori e si erano svegliati.

La vecchia renna li guardò pensierosa; non era permesso ai bambini di vedere le renne di Babbo Natale. Ma loro erano stati tanto gentili con lei e non avevano badato al suo aspetto, anzi, l’avevano fatta sentire bella e giovane come un tempo. Fece un cenno ai due bambini e loro senza farselo ripetere due volte salirono sulla sua groppa  e,  insieme partirono verso la casa del grande vecchio, per consegnare i doni a tutti i bambini del mondo…

La bambola e il suo orsetto

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Illustrator Patrizia Kovacs

Era la notte di Santa Lucia, la notte più lunga e magica di tutto l’anno; tutti i bambini erano nei loro lettini, incapaci di dormire ma con gli occhi serrati, perché si diceva che Santa Lucia, che portava i giocattoli ai bambini,  non voleva farsi vedere da loro  e se li avesse incontrati, avrebbe gettato nei loro occhi una polvere scura.

Nessun bambino voleva farla arrabbiare perché Santa Lucia portava doni meravigliosi, e ascoltava sempre le richieste dei bambini. Ogni bimbo, prima di andare a dormire lasciava  sulla finestra di casa un po’ di latte e fieno per il suo asinello, che doveva essere stanco con tutto quel peso sulla schiena. Lui portava i sogni di tutti i bambini del mondo.

Ma non solo i bambini aspettavano Santa Lucia; nella cameretta di una bambina, c’era una bambola che desiderava tanto tanto avere un ‘orsacchiotto.

-Che storia sciocca è questa – protestò Keil- le bambole non  possono desiderare, sono solo bambole

La piccola Gemma, invece di mettere il muso, si fece seria seria – Una strega cattiva le aveva fatto un incantesimo, e lei stava tutto il tempo seduta su un mobile perché quella bambina, che aveva tanti giochi, non giocava mai con lei e la bambola si sentiva sola. Non se lo ricordava più, ma una volta era stata anche lei una bimba.

Keil non replicò e senza accorgersi di avere gli occhi sgranati, restò in ascolto

Così la bambola- proseguì la piccola Gemma- voleva un orsacchiotto, tutto per lei, così avrebbe avuto qualcuno con cui giocare. Detto fatto,  si fece aiutare dai pennarelli colorati che stavano sul mobile e scrisse una lettera a santa Lucia, tutta colorata perché lei non la dimenticasse. E poi, con un bel sorriso sulle labbra, attese…

Venne  la notte di Santa Lucia  e mentre tutti i bambini dormivano, la bambola aspettava seduta sul suo mobile sperando con tutto il suo povero cuoricino da bambola di ricevere il dono tanto desiderato, ma tanta era l’emozione che alla fine si addormentò e sognò il suo orsacchiotto.

Quando la mattina la bambola si svegliò, si sentì davvero strana; sentiva caldo allo stomaco  e qualcosa di strano più su, dove lei non sapeva ancora, c’era il suo cuore:  non sapeva ancora di stare provando l’emozione: guardandosi  le manine  e i piedini  vide che non erano più da bambola: era diventata una bambina che dormiva in un lettino vero, e accanto a lei c’era l’orsetto che le aveva portato Santa Lucia e che divenne il suo inseparabile amico.

 

La magia di una fiaba

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Illustrator Patrizia Kovacs

Il fuoco crepitava allegramente nel camino e la grande cucina era calda e accogliente.

La nonna aveva raccontato bellissime fiabe per tutta la sera  e ora, si era appisolata sulla vecchia poltrona, con un sorriso da bambina. Keil aveva guardato Gemma e le aveva fatto un cenno – Shhh – e lei, con un sorriso, aveva preso il vecchio scialle  vicino al fuoco e aveva coperto la nonna  con cura, e poi si era seduta sul cuscino accanto, e keil si era accomodato vicino a lei.

Gemma sussurrò a Keil: – lasciamola riposare, ha parlato tanto. Io però non ho voglia di andare a dormire; ti racconto io una storia ora. –

Keil contento, senza darlo troppo a vedere, si sistemò meglio sul cuscino: nemmeno lui aveva voglia di dormire.

Le due teste vicine, illuminate dalla luce del fuoco, i due fratellini guardarono la nonna che dormiva serena e poi Gemma cominciò a raccontare le storie di regine, streghe, e dei  piccoli elfi del bosco, e mentre parlava a Keil spuntarono due piedini da elfo e a Gemma, che adorava le fate, spuntarono due piccole ali leggere come seta.

Gemma e Keil si raccontarono bellissime storie a lungo, sussurrando per non svegliare la nonna che dormiva serena; e chissà cosa avrebbe pensato se svegliandosi avesse visto un elfo e una fatina, al posto dei suoi bambini, e avesse trovato la sua cucina piena di folletti, piccole streghe, fatine e fiori magici…

La magia delle fiabe nasce dai cuori puri e dalla fantasia di chi sa guardare il mondo con occhi bambini…

 

 

L’angelo bianco

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Illustrator Patrizia Kovacs

L’ANGELO BIANCO

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Per tutta la terza domenica d’Avvento l’Angelo Bianco è al nostro fianco. La sua luce penetra nei nostri cuori, ci riscalda e ci illumina affinché possiamo vedere la nascita del Bambin Gesù.

 

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Il castello di marzapane

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Illustrator Patrizia Kovacs

Si racconta che nel bosco c’è un castello. Non è tanto facile vederlo, perché è coperto dagli alberi, anzi è su un albero.

-Un castello su un albero? – chiese Keil ridendo

-Certo, ma questo non è un castello come tutti gli altri miei cari – rispose la nonna – prima di tutto non fatto né di legno, né con le pietre, e non ha nemmeno i vetri alle finestre. La sua torre è fatta di cioccolato, e le sue mura sono fatte di marzapane e al posto delle finestre ci sono caramelle, dolcetti e biscottini.

-Voglio andarci nonna – gridò la piccola Gemma.

– Anch’io, ora!- gridò Keil che adorava il cioccolato.

Si racconta che una volta un uomo,  saputo del castello di marzapane, volle andare a cercarlo e addentratosi nel bosco cominciò a camminare, ma del castello non c’era traccia. Camminò così a lungo che arrivò nel punto del bosco più pericoloso e scuro, dove nessun umano si era mai spinto, ma fra le punte degli alberi intravide il castello con la sua torre di cioccolato e senza pensarci un solo attimo continuò il cammino.

Subito arrivarono ombre scure che gli camminarono  accanto mentre le streghe del bosco lo chiamarono sussurrandogli all’orecchio, e quando lui, sentendo il suo nome sorpreso, rispose, si ritrovò al punto di partenza all’ingresso del bosco.

Per  altre 6 volte l’uomo tornò nel bosco e arrivato al punto più scuro,  si ritrovò al punto di partenza, perché la seconda volta seguì un profumo di tacchino arrosto e lo volle mangiare, la terza sentì una musica da ballo e volle ballare, e la quarta vide per terra dell’oro e volle prenderlo;  la quinta trovò  un albero con delle mele dorate e volle coglierle, la sesta trovò un vestito da Re e volle indossarlo, e la settima incontrò una bellissima principessa e volle sposarla.

-E alla fine l’uomo arrivò al castello?- chiese Gemma

-No piccola mia. Perché l’uomo voleva trovare il castello a tutti i costi, ma voleva anche sapere chi lo chiamava, e voleva il tacchino, voleva l’oro, voleva andare al ballo e voleva prendere le mele dorate, voleva vestirsi da Re e sposare una principessa. A volte bisogna andare avanti per la strada che abbiamo scelto e raggiungere il nostro tesoro,  senza farci confondere dai falsi doni del bosco- rispose la nonna.

– Si racconta che l’uomo non abbia imparato la lezione e ancora oggi sia alla ricerca del suo castello di marzapane…

La slitta

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La neve ha  finalmente smesso di scendere copiosa, e il  cielo si sta illuminano di un pallido sole. Il piccolo Mario, che sta con il nasino appoggiato alla finestra, grida gioioso: – ha smesso di nevicareeeeee, andiamo a giocare! – e comincia a saltellare allegramente per la casa.

Mario è  sempre così: un piccolo tornado che porta tanta allegria in casa. Arrivano anche le sue due sorelle, Elena che batte le manine – lei è sempre contenta – e Anna, la più grande, una piccola donnina già saggia  e responsabile.

Tutti e tre guardano fuori dalla finestra: il prato davanti a casa e la piccola collina vicina sono carichi di meravigliosa morbida, candida neve.

Andiamooo- dice Anna.

– Evvivaaaa-  dice Elena, mentre il piccolo Mario è già in giardino, senza nemmeno  la giacca pesante.

Gemma sorride; il piccolo Mario è così divertente e lui e le sue sorelle le sono già simpatiche.

-cosa fanno poi, nonna? – La nonna continua:

La mamma Luisa arriva appena in tempo e riesce a infilare la giacchetta e il berretto a Mario, mentre Anna ed Elena sono già fuori, e sapete dove vanno così di fretta?

Gemma e Keil incantati fanno no con la testa, anche loro adorano la neve.

Anna, prende la vecchia slitta gialla, e la tira fino in cima alla collina mentre Elena e Mario un po’ la aiutano e un po’ le saltellano intorno contenti; non vedevano l’ ora di usarla.

Arrivano in cima alla collina e il piccolo Mario si siede davanti, dietro di lui Elena, e già stanno ridendo come matti,  e dietro si siede Anna che protettiva li abbraccia entrambi e… via! La slitta comincia a scendere piano, piano e poi prende sempre più velocità ed è bellissimo sentire l’aria fredda addosso, e la neve che arriva sul viso; sembra di volare.

Il piccolo Mario, Elena e Anna urlano felici la loro gioia, e le loro grida arrivano fino al cielo; gli scoiattoli curiosi, che vivono nei tronchi degli alberi, spiano fra i rami il motivo di tanto chiasso mentre il pallido sole sorride bonario contagiato dalla loro allegria.

L’alberello

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Illustrator Patrizia Kovacs

 

Tanto, tanto tempo fa c’era un piccolo alberello che  se ne stava tutto solo in cima ad una collina.

Forse il vento aveva portato il suo seme dalla foresta che era molto lontana da lì, o forse qualche insetto operoso dopo aver bevuto la linfa delle margherite selvatiche che crescevano sulla montagna vicina, aveva  mangiato un po’ della sua essenza e l’aveva portata sulla cima della collina, e la sua volontà di vita aveva messo le prime radici e  aveva cominciato a crescere; il suo fusto leggero era diventato sempre più forte e i suoi rami sottili erano cresciuti tesi al cielo; all’arrivo della dolce primavera si era riempito di foglie verdi che fremevano alla carezza della brezza notturna e si svegliavano con la prima rugiada del mattino.

L’alberello era contento e in realtà non si era mai sentito solo, perché da lì vedeva sorgere il sole ogni mattina, e i suoi primi raggi generosi lo inondavano di  luce dorata. Il giorno, i suoi rami offrivano l’ombra a chiunque volesse riparo dal calore della giornata e la sua ombra era fresca e rigenerante.  Quando pioveva, gli uccellini si riparavano sotto le sue larghe foglie e una volta aveva ospitato per qualche tempo una famiglia di scoiattoli birichini.

Poi era arrivato il suo primo inverno e il freddo aveva fatto cadere le sue foglie e la neve candida aveva coperto ogni cosa;  l’ alberello,generoso, aveva ospitato altri piccoli animali nel suo tronco, per ripararli dal gelo di dicembre.

Una notte mentre  ammirava il paesaggio candido di neve guardò  il cielo brillante di stelle e come spesso faceva ascoltò i loro discorsi.

Lo sapete vero, che le stelle quando brillano nel cielo si raccontano le storie di noi piccoli essere umani? – Chiese la nonna.

-Raccontano anche di noi? – chiese incantata la piccola Gemma; lei adorava le stelle.

-Certo – rispose la nonna, – loro vedono tutto –

Quella notte le stelle raccontavano dell’arrivo del  piccolo Re, e di come avrebbero donato  la loro luce per rendere  omaggio alla sua meraviglia e il piccolo alberello, ascoltandole, si sentì improvvisamente triste, perché con  il freddo aveva perso tutte le sue belle foglie e non aveva niente da donare ad un piccolo Re.

Ma il buon Dio sapeva  che l’ alberello aveva donato se stesso, ogni giorno, a tutti gli animaletti che ospitava sui suoi rami, che proteggeva dagli improvvisi temporali, a cui offriva la sua fresca ombra e la linfa preziosa delle sue foglie, e volle premiarlo:  l’Angelo delle stelle lanciò dal cielo  tantissime piccole stelline lucenti che come pioggia dorata si posarono sull’alberello che diventò bellissimo  e pieno di luce.

-Proprio come il nostro albero di Natale – disse Keil con occhi sognanti. Anche lui amava le stelle…

Il focolare

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Illustrator Patrizia Kovacs

La neve aveva imbiancato ogni cosa: il piccolo villaggio, le stradine strette che lo attraversavano, il bosco incantato e la piccola casa con le finestre illuminate.

Tutto sembrava magico, un nuovo mondo candido e silenzioso. Keil e Gemma avevano giocato tutto il pomeriggio con la neve, rotolandosi in essa, buttandosi le palle morbide sul viso, e avevano costruito un piccolo pupazzo vicino al giardino; le loro grida gioiose avevano disturbato  gli scoiattoli che vivevano nel  bosco, ed erano arrivati curiosi a vedere cosa fosse la causa di tanto rumore.

Con il primo buio della sera, la neve aveva ripreso la sua danza e,  candidi, leggeri fiocchi stavano già coprendo le orme disordinate dei loro giochi.

Keil e Gemma tornarono in casa, e la nonna li aiutò a togliersi le giacche bagnate e gli scarponi gelati.

-Mettetevi davanti al fuoco per scaldarvi, presto, presto.-

Keil e Gemma si sedettero per terra con i piedi davanti al fuoco che subito regalò loro il suo prezioso calore.

-Nonna adesso è  Natale?- chiese la piccola Gemma

-Noooo, dobbiamo aspettare- rispose  paziente Keil, che per il suo anno in più, di diritto, sapeva tutto.

-Raccontaci una storia, nonna- chiese ancora Gemma.

E la nonna sorridendo, si sedette sulla vecchia poltrona vicino al fuoco: sulla stessa poltrona in cui si era seduta sua madre, la madre di sua madre, e la nonna di sua madre.

Fuori il buio aveva avvolto ogni cosa, e la neve ora scendeva copiosa. Keil e Gemma erano attenti e con lo sguardo già colmo di meraviglia: la nonna raccontava sempre storie bellissime.

-Dobbiamo aspettare ancora un pò per il Natale mia piccola Gemma. Ma in questa attesa vi racconterò le storie del Natale, ma del mio Natale, di quando ero piccola come voi…-

Si sistemò meglio sulla poltona consunta e un pò sformata, e per un attimo la donna rivide sua nonna, seduta accanto a lei e sentì la sua voce ripetere insieme alla propria.

-C’era una volta… –