I desideri ridicoli

gabriel-pacheco. I tre desideri

gabriel-pacheco. I tre desideri

C’era una volta un taglialegna, il quale, stanco della vita — così almeno diceva — aveva gran voglia di andarsene al mondo di là. Da che era venuto al mondo, a sentir lui, il cielo spietato non avea mai voluto esaudire un solo dei suoi voti.
Un giorno che così si lamentava nel bosco, gli comparve Giove con in mano un fulmine. Figurarsi la paura del pover’uomo! “Niente voglio, esclamò gettandosi a terra, niente desideri, niente fulmini, e siamo lesti! ”
“Non temere, lo rassicurò Giove. Commosso ai tuoi pianti, vengo a mostrarti il torto che mi fai. Ascoltami. Io, sovrano del mondo, ti prometto di esaudire i primi tre desideri che ti verranno in mente, quali che essi siano. Pensa a quel che meglio potrebbe formare la tua felicità; ma poiché questa dipende tutta dai tuoi voti, pensaci bene prima di farli. ”
Ciò detto, disparve. E il taglialegna, caricatosi il suo fardello, che gli parve ora una piuma, se ne tornò tutto lieto a casa.
Bisogna – diceva cammin facendo – contenersi con giudizio; bisogna anche, vista la importanza del caso, pigliar consiglio da mia moglie.”

I tre desideri – I desideri ridicoli  il titolo nella versione francese – è una fiaba di Perrault pubblicata nel 1703, dopo la sua morte,  che narra la storia di un taglialegna che riceve in dono la possibilità di esaudire tre preziosi desideri. Il pover’uomo torna a casa, lo racconta subito alla moglie e i due decidono di pensarci per bene, perché un’opportunità così non si ripresenterà un’ altra volta.

Così il marito, soddisfatto, si siede a pensare davanti al fuoco, beve un bicchiere di vino e dice:
– Certo che, con del vino rosso così buono ci vorrebbe una bella e lunga salsiccia –
Detto fatto; una fumante salsiccia appare sul tavolo. La moglie inferocita – che già stava pensando a desiderare diamanti, cibi succulenti e ricchezze varie – comincia ad inveire al marito per avere sprecato in modo così stupido un prezioso desiderio. I due cominciano a litigare e ad un certo punto il marito dice alla moglie:
Gli uomini disse, son davvero nati per soffrire! Maledetta sia la salsiccia e la tua malagrazia! Piacesse al cielo, brutta strega, che ti pendesse alla punta del naso!”
La preghiera fu all’istante esaudita. Detto fatto, il metro di salsiccia s’attaccò al naso della povera moglie.”

Bisogna dire che l’uomo valutò per un attimo di usare il terzo ed ultimo desiderio per sé, e magari farsi Re, e lasciare la moglie con quel coso attaccato al naso; ma poi pensò che da Re non era molto elegante avere accanto una Regina con cotanto naso, ed utilizzò il desiderio per far tornare la moglie come prima.

La fiaba, molto divertente, avvisa i bambini sulle possibili, non piacevoli conseguenze dei desideri avventati – magari un po’ cattivi – e nello stesso tempo li rassicura sul fatto che questi desideri hanno scarse conseguenze, e quando il desiderio si è estinto, tutto torna alla normalità, soprattutto se la volontà di far tornare tutto come prima è davvero sincera.

Ogni bambino ha momenti in cui si lascia trasportare dalla rabbia:
“ … qualcosa che il bambino non è in grado di evitare. Ma la fiaba è abbastanza accorta da non aspettarsi l’impossibile dal bambino, e da non generare in lui ansia perché ha desideri ispirati dalla collera e non può fare a meno di averli. Da una parte ammonisce che lasciarsi trasportare dalla collera o dall’impazienza significa andare incontro a guai, dall’altre parte rassicura garantendo che la buona volontà e le buone azioni possono annullare tutto il male procurato dai cattivi desideri” (Bettelheim)

Nella Fiaba di Pierino Porcospino, il padre arrabbiato per la sterilità della moglie, desidera di avere un figlio qualsiasi, anche un porcospino. Desiderio esaudito, arrivo un bambino con il corpo da bimbo e la testa di un porcospino. Il piccolo Pierino aiuterà un Re che, nonostante l’aspetto, per ringraziamento gli darà in sposa la propria figlia, e la prima notte di nozze Pierino si trasformerà in uno splendido principe.

Se ci pensiamo bene non ci sono fiabe in cui i bambini hanno cattivi desideri – ad esempio Cenerentola non ha pensieri di rabbia verso le terribile sorellastre e nonostante la loro cattiveria lei desidera davvero che loro vadano al ballo – solo gli adulti si arrabbiano e le fiabe ammoniscono che gli adulti dovrebbero avere abbastanza autocontrollo per non farlo, perché i loro desideri avventati creano guai : cedere alla rabbia è umano, ma gli adulti sono responsabili delle loro azioni, compiute in un attimo d’ira, mentre i bambini non lo sono.
In realtà, il bambino ha risultati meravigliosi quando mette in atto i propri desideri positivi.

Chi ha paura di Cappuccetto Rosso?

Intorno all’anno 1000, Egberto di Liegi, letterato vissuto tra il 972 e il 1023, scrisse Fecunda ratis, una raccolta di testi, proverbi e racconti del tempo. In questo prezioso testo medievale scritto in latino, si racconta la storia di una bambina dal mantello rosso che vive in mezzo ai lupi e viene inghiottita da uno di questo, ma viene salvata dai cuccioli di una lupa che mettono al suo posto nella pancia del lupo, un sasso.

Questa, sembra essere la prima versione della storia di  Cappuccetto Rosso, antica fiaba, universalmente conosciuta e amata; ma forse non tutti sanno che è la fiaba, in tutte le sue differenti versioni, che più è stata analizzata ed interpretata per i suoi contenuti simbolici impliciti, anche di carattere sessuale, e che spesso i pareri degli studiosi sono stati discordanti sul suo reale messaggio simbolico.

«Da questa storia si impara che i bambini, e specialmente le giovanette carine, cortesi e di buona famiglia, fanno molto male a dare ascolto agli sconosciuti; e non è cosa strana se poi il Lupo ottiene la sua cena. Dico Lupo, perché non tutti i lupi sono della stessa sorta; ce n’è un tipo dall’apparenza encomiabile, che non è rumoroso, né odioso, né arrabbiato, ma mite, servizievole e gentile, che segue le giovani ragazze per strada e fino a casa loro. Guai! a chi non sa che questi lupi gentili sono, fra tali creature, le più pericolose!».

Questo è il finale, un po’ bacchettone, denso di morale, e un po’ oscuro della seconda versione più antica della fiaba, almeno scritta, di Cappuccetto Rosso; Le Petit Chaperon Rouge apparsa, nel 1697, nelle fiabe “I racconti di mamma l’oca di Charles Perrault

In questa versione per la piccola Cappuccetto Rosso e per la povera nonna non c’è nessuna salvezza; nessun taglialegna o cacciatore che arriva a salvarle. Il lupo cattivo se le mangia, e come finale un pesante monito, alle giovanette, a diffidare degli sconosciuti.
In Francia, nel XVII secolo “la giovane donna nel bosco” era una metafora della donna di facili costumi, della prostituta in genere, e la man tellina rossa ne era un segnale chiaro.
La stessa mantellina può rappresentare anche il raggiungimento della maturità sessuale, l’ingresso nella pubertà; e il lupo rappresenta il predatore, il maschio da cui proteggersi. Non a caso la Cappuccetto di Perrault è rappresentata più come una giovinetta disinibita, che una bimba ingenua, che non esita a svestirsi e ad entrare nel letto con il lupo, e per lei non c’è il lieto fine, previsto e necessario per assolvere al potere terapeutico ed educativo delle fiabe.

Toc, toc.” “Chi è?” Cappuccetto Rosso, che sentì il vocione grosso del Lupo, ebbe dapprincipio un po’ di paura; ma credendo che la sua nonna fosse infreddata rispose: “Sono la vostra bambina, son Cappuccetto Rosso, che vengo a portarvi una stiacciata e un vasetto di burro, che vi manda la mamma mia”. Il Lupo gridò di dentro, assottigliando un po’ la voce: “Tira la stanghetta e la porta si aprirà.” Cappuccetto Rosso tirò la stanghetta e la porta si aprì. Il Lupo, vistala entrare, le disse, nascondendosi sotto le coperte: “Posa la stiacciata e il vasetto di burro sulla madia e vieni a letto con me”. Cappuccetto Rosso si spogliò ed entrò nel letto, dove ebbe una gran sorpresa nel vedere com’era fatta la sua nonna, quando era tutta spogliata. E cominciò a dire: “O nonna mia, che braccia grandi che avete!”. “Gli è per abbracciarti meglio, bambina mia.” (Perrault)

 

“… Perrault rende tutto il più esplicito possibile”, spiega Bettehleim, nel suo libro Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psiconalitici delle fiabe, “dato che di fronte a questa evidente seduzione Cappuccetto Rosso non fa la minima mossa per fuggire o reagire, o è stupida o vuole essere sedotta”.  In ogni caso, una figura in cui non è consigliabile identificarsi; con questi particolari Cappuccetto da ragazzina ingenua diventa una donna traviata”.

Esistono altre versioni della fiaba che probabilmente influenzarono Perrault, soprattutto nella tradizione popolare trasmessa oralmente. In alcune sono presenti simboli di antropofagia: il lupo invita Cappuccetto Rosso a bere del vino, e mangiare carne che altro non è che il corpo triturato della povera nonna! In questo caso più che si simboli si potrebbe trattare di racconti aderenti alla realtà di allora: bisogna considerare il contesto temporale: agli inizi del XIV secolo in Europa, ci furono grandi carestie che diedero effettivamente luogo ad episodi di cannibalismo. In ogni caso Perrault, che scrisse il suo libro per la corte di Versailles, comprensibilmente eliminò questa parte troppo forte.

Solo nella successiva versione dei fratelli Grimm, del 1812 Rotkäppchen, la bimba e la nonna vengono salvate da un cacciatore, che nelle successive versioni, fino a quella più conosciuta, diventa un taglialegna, e Cappuccetto Rosso è soltanto una bimba distratta che disubbidisce alla mamma.

Cappuccetto Rosso” prosegue Bettelheimesprime i processi interiori del bambino prepubere: il lupo è l’incarnazione della malvagità che il bambino avverte quando va contro le ammonizioni dei suoi genitori e si permette di tentare, o di essere tentato, sessualmente. Quando si allontana dal sentiero che il genitore gli ha tracciato, incontra la “malvagità”, e teme che essa inghiottirà lui e il genitore di cui ha tradito la fiducia. Ma può esserci risurrezione dalla malvagità, come la storia racconta”.

Allora perché è così amata questa fiaba? Perché Cappuccetto Rosso come ogni essere  umano è debole e può sbagliare; sempre Bettelheim ci spiega: “Cappuccetto Rosso per quanto virtuosa, si lascia tentare, e perché la sua sorte ci dice che fidarsi delle buone intenzioni di chiunque, che sembra così bello, significa in realtà esporsi a trappole. Se non ci fosse qualcosa in noi che prova attrazione per il grosso lupo cattivo, egli non avrebbe nessun potere su di noi.

Per questo diventa importante comprendere la sua natura e comprendere cosa lo rende attraente per noi. Cappuccetto Rosso perde l’innocenza infantile quando incontra, quando conosce, i pericoli in agguato, nasconti dentro di sé, nel mondo fuori, e ne ha in cambio la saggezza che può avere solo chi ha superato una grande prova, o una grossa crisi, e si rende conto che è stata causata dalla sua stessa natura. E da questo impara. Cappuccetto Rosso promette a sé stessa:
Finchè vivrai, non ti allontanerai dal sentiero nel bosco”.

Secondo Bettelheim, tramite questa storia, il bambino comincia a comprendere, almeno a livello inconscio, che solo le esperienze molto forti, quelle che ci soppraffanno, ci fanno provare sentimenti interiori  corrispondenti che non sappiamo dominare; una volta che avremo imparato a padroneggiare queste situazioni non dovremo più avere paura dell’incontro con il lupo.

Nella mia versione tutta personale, e da adulta, di questa fiaba, che da sempre è la mia preferita, Cappuccetto Rosso e il lupo  sono inseparabili…

Sirene

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“La sirena, o come si dice in irlandese, La moruadh o Murrughach (da muir, mare e oigh, ragazza) è una presenza non infrequente sulle coste più selvagge. Ai pescatori non piace vederla perchè preannuncia sempre burrasca imminente. Le Sirene maschio (se si può usare una tale espressione – non ho mai sentito il maschile di Sirena hanno denti verdi, capelli verdi, occhietti porcini e naso rosso, ma le loro donne sono bellissime, con coda di pesce e piccoli piedi palmati similia quelli delle anatre.

A volte – e non si può biasimarle – esse preferiscono ai loro amanti marini degli aitanti pescatori. Si dice che il secolo scorso, vicino a Bantry, fosse vissuta una donna tutta coperta di squame come un pesce, e che fosse il frutto di un’ unione di tal tipo. Certe volte escono dal mare e vagano per la spiaggia sotto forma di piccole mucche senza corna.

Quando assumono il loro vero aspetto, portano un cappello rosso chiamato cohullen druith, di solito coperto di piume; se viene loro rubato, non possono tornare ad immergersi tra le onde.

Il rosso è, in ogni paese, il colore della magia, ed è sempre stato così da tempo immemorabile. I cappelli delle fate e di maghi sono sempre rossi.”

Fiabe Irlandesi – William Butler Yeats

La leggenda di Pasqua

Ostara, era la bellissima Dea della luce e della fertilità, che ogni anno portava, con la primavera, la rinascita di tutta la natura. Si narra che, Ostara, un anno arrivò tardi, lasciando che il freddo e la neve durassero più a lungo del solito. Quando finalmente arrivò, trovò un uccellino intirizzito e quasi morente per il troppo freddo e sentendosi in colpa per il suo ritardo, volle salvarlo. Lo trasformò così in un coniglio, perché a causa della ali rovinate non avrebbe potuto più volare, ma almeno avrebbe potuto vivere; e così fu, ma da coniglio mantenne la sua capacità di fare le uova, come un uccellino, per darle in dono come ringraziamento alla Dea, per avergli salvato la vita.

Questa antica leggenda, e la storia della Dea Ostara – o Eostre – sembra risalgano al VIII secolo; nel 1800, i fratelli Grimm, trovarono prove dell’esistenza della Dea, nelle tradizioni orali del popolo tedesco, e ivi tramandate.

Da allora, il  coniglio pasquale, torna ogni anno per nascondere le uova colorate, e i bambini, ancora oggi, il giorno di Pasqua, si divertono a scovare le uova che il coniglietto fatato ha nascosto per loro.

design Krauss -www.raeder.de

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Buona Pasqua a tutti.

Il fascino di una vecchia giostra

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Girando per le città, può capitare di trovare nelle piazze delle piccole giostre; non parlo dei luna park con le loro luci scintillianti, no, ma una piccola giostrina con al massimo le sagome di 5 animali che girano in tondo;  magari ancora chiusa con il suo tendone a righe rosse, silenziosa e in attesa.

Guardatela con attenzione perchè si possono trovare dei piccoli tesori, come questo: una giostra che risale al 1924, con bellissimi disegni, posti sulla parte anteriore, che ritraggono le fiabe più famose: Cappuccetto Rosso, Biancaneve e la principessa che incontra il suo principe ranocchio.

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Difficile non subirne il fascino!

 

Fiabe antiche – La Gattina Bianca

 

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Adoro vagare nei mercatini dell’antiquariato e vintage; hanno sempre il sapore della riscoperta di valori  e piccoli tesori antichi, che fortunatamente vengono salvati dall’oblio della memoria. Io prediligo i libri, e mi piace sfogliarli, sentire la loro energia, e immaginarmi le vite dei loro precedenti proprietari.

Così ho trovato: La Gattina Bianca scritto da Marie-Catherine D’Aulnoy, un delizioso libro di fiabe che risale intorno al 1940, in buone condizioni e con bellissimi disegni.

 

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Marie-Catherine, baronessa e scrittrice, nata in Francia nel 1650, andò sposa a 16 anni di un uomo di almeno quarant’anni più vecchio di lei, dal quale ebbe cinque figli; lo odiava e, a quei tempi non esisteva il divorzio, cercò di liberarsene accusandolo di crimini contro Sua Maestà. Fu poi costretta alla fuga e andò in Inghilterra. Descritta come una donna molto bella e briosa, fra un’avventura rocambolesca e l’altra, aprì un circolo letterario e scrisse racconti e poi fiabe –  la prima pubblicata in Francia  fu l’Ile de la Felicitè –  rivolte però ad un pubblico adulto.

La gattina bianca narra la storia di un giovane, che ha due fratelli, e il cui padre, il re, che deve abdicare al proprio ruolo,  vuole lasciarlo al figlio che gli porterà le cose più preziose e rare. Il giovane vagando per il mondo incontrerà il magnifico castello dove vive la bellissima gattina bianca, che lo aiuterà, e poi si rivelerà una bellissima fanciulla, che una strega cattiva aveva trasformato in un gatto.

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“E vissero cento anni d’amore e d’accordo: e sulle loro tombe vollero che figurasse il musino di un leggiadro micio, in memoria del loro caro passato”