Un libro di fiabe trovato per caso da un prigioniero polacco, nella primavera del ’44, che probabilmente apparteneva ad uno dei piccoli ebrei deportati dalla Cecoslovacchia e uccisi ad Auschwitz-Birkenau.
Un libro di fiabe destinato ai momenti più dolci di un bambino che diventa testimone dell’orrore e della follia dei grandi. Proprio quel piccolo libro diventa il simbolo della forza e della voglia di resistere e vivere, nonostante tutto.
“L’uomo lo portò ai compagni che lavoravano con lui negli uffici delle SS della Zentralbauleitung del lager, la sezione centrale di costruzione dove venivano studiati i piani di ampliamento del campo. Sfogliare quelle favole fece riemergere nei deportati emozioni dimenticate a forza e l’insopprimibile desiderio di reagire: insieme decisero di creare nuove fiabe e sognarono di farle uscire dal lager per donarle ai loro bambini rimasti a casa, figli che molti di loro non avevano nemmeno fatto in tempo a conoscere.” Corriere della Sera – Scrivere Fiabe ad Auschwitz
Si pensa che almeno 27 persone, 27 prigionieri, lavorarono insieme per preparare le piccole fiabe – chi le scriveva, chi le disegnava, chi le rilegava – un lavoro fatto di nascosto, per lasciare qualcosa di sè a chi amavano e probabilmente non avrebbero più rivisto; la speranza ritrovata, la rivalsa per non perdere la dignità e l’onore che ogni individuo ha diritto di avere, anche quando viene cancellato dall’odio e dall’assurdità della guerra e dell’uomo.
Le piccole fiabe, :La fiaba delle avventure del pulcino nero”, “La favola della lepre, della volpe e del gallo”, “Su tutto ciò che vive”, “Le nozze nel villaggio delle grandi vespe”, “Il gigante egoista” e “I racconti del gatto erudito”, incredibilmente lasciarono il lager, con ogni tipo di espediente, e furono consegnati ai piccoli destinatari.
Tranne uno: l’autore, Henryk Czulda, decise di portarlo sempre addosso nella “marcia della morte” attraverso sei campi di concentramento e sopravvisse solo per poterlo donare di persona a suo figlio Zbyszek.
Le sei fiabe sono state raccolte in un volume illustrato e pubblicato dal Museo di Stato di Auschwitz-Birkenau ed è disponbile anche la versione italiana. (fonte Corriere della sera)
Fiabe per non dimenticare, mai.
Non dimenticare è l’unico modo per ricordare cosa potremmo diventare…
Non dimenticare è l’unico modo per ricordare chi siamo: siamo esseri umani, siamo fragili, e questa è la nostra bellezza; siamo umanamente fragili.
Non dimenticare che possiamo trovare ancora in noi speranza e bontà. Che dentro di noi abbiamo ancora l’anima del bambino che siamo stati.
È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo (Anna Frank)